Idrolizzati proteici per la qualità dell’uva

Livelli di antociani più elevati, maggiore accumulo di zuccheri e aumento del diametro delle bacche: così i biostimolanti possono incrementare la qualità dell'uva

da uvadatavoladmin
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Quando si parla di qualità dell’uva da tavola, i fattori che entrano in gioco sono molteplici. Uno fra tutti è il contenuto di antociani, il cui accumulo è fondamentale per l’aspetto e il sapore delle bacche. Pratiche agricole come la fertilizzazione minerale e la potatura possono però alterarne il contenuto. Come anche stress abiotici estivi, tra cui alte temperature e deficit idrici, possono esacerbare questi effetti, determinando una riduzione significativa dell’accumulo di antocianiPer affrontare queste sfide, sono state sviluppate varie strategie, tra cui l’uso di composti come etefon, derivati dell’acido salicilico, jasmonato metilico e acido ossalico, che però  potrebbero non migliorare costantemente la colorazione. Inoltre, secondo alcuni studi, questi trattamenti potrebbero influenzare involontariamente le caratteristiche fisiche e sensoriali delle bacche. In questo contesto, i biostimolanti rappresentano una soluzione sostenibile per migliorare la resilienza delle colture agli stress abiotici senza compromettere la qualità. In particolare, numerosi lavori di ricerca hanno dimostrato che gli idrolizzati proteici possono indurre risposte fisiologiche favorevoli nelle piante, promuovendo la sintesi di metaboliti secondari come le antocianine.

Gli idrolizzati proteici (PHs) sono miscele di aminoacidi e polipeptidi ottenuti da biomasse vegetali che favoriscono la sintesi di composti fenolici e migliorano la risposta della pianta agli stress ambientali.

A tal proposito, un recente studio condotto da un team di ricercatori italiani ha analizzato gli effetti dell’applicazione di un idrolizzato proteico derivato dal glutine di mais (GDPH) sulla varietà di uva da tavola Black Magic. I risultati hanno dimostrato che l’applicazione al suolo del biostimolante ha portato a un significativo incremento nei livelli di antociani, a una maggiore accumulazione di zuccheri e a un aumento del diametro delle bacche, mantenendone la compattezza. Questi miglioramenti sono stati osservati già 14 giorni dopo il trattamento.

Nel caso specifico, l’analisi trascrittomica ha rivelato che il GDPH ha accelerato i processi di maturazione, modulando selettivamente i geni associati al metabolismo della parete cellulare. Ciò ha consentito di preservare la compattezza delle bacche, aspetto cruciale per la commerciabilità del prodotto a prezzi più elevati, laddove una colorazione disomogenea richiede più operazioni di raccolta, comportando – di conseguenza – costi di produzione maggiori.

Oltre a migliorare la qualità dell’uva, il trattamento con GDPH ha incrementato la resilienza della coltura agli stress abiotici, suggerendo un effetto positivo sulla salute complessiva della pianta.

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L’applicazione di questo biostimolante durante l’invaiatura si è rivelata una strategia efficace per promuovere una maturazione uniforme e mantenere le caratteristiche qualitative desiderate.

I risultati così ottenuti contribuiscono a una migliore comprensione di come i biostimolanti – e gli idrolizzati proteici nello specifico – influenzino lo sviluppo delle bacche e la loro qualità. Il GDPH applicato al suolo ha migliorato la qualità delle bacche, aumentando i livelli di antociani, l’accumulo di zuccheri e il diametro delle bacche, senza compromettere la consistenza.

L’analisi molecolare ha chiarito i meccanismi alla base di questi effetti, evidenziando la capacità del biostimolante di accelerare i processi di maturazione e migliorare l’attivazione dei geni legati alla sintesi degli antociani. Tuttavia, il meccanismo attraverso il quale il GDPH interagisce con la pianta, se direttamente tramite l’assorbimento radicale o indirettamente tramite la rizosfera, rimane ancora da chiarire.

Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com

 

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