Covid-19: nuovi stop, non per autotrasporti e primario. SOS braccianti

da Redazione uvadatavola.com

Le nuove misure per combattere il propagarsi del virus Covid-19 in Italia sono state annunciate ieri sera, 11 marzo 2020, dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Per decreto, da oggi: “Saranno chiusi tutti i negozi, tranne quelli per i beni di prima necessità, come farmacie e alimentari”. Viene quindi da chiedersi se questo nuovo pacchetto riguardi anche il settore primario. La risposta è: no. 

Lo stop alle attività per contenere il contagio del Coronavirus in Italia non vale per il settore primario. Scarseggiano però i braccianti stranieri, e questo rappresenta un vero dramma per gran parte delle campagne di raccolta che partiranno a breve.

Lo stop alle attività non vale per il settore primario che, così come sottolineato da Conte ieri, e come riportato oggi dal sito ufficiale del governo: “Restano garantiti, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agro-alimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi“.

I nuovi provvedimenti non bloccheranno nemmeno i trasposti su gomma, così come precisato dal quotidiano quifinanza.it.


Ad oggi risulta impossibile quantificare gli effetti del congelamento di gran parte del tessuto produttivo del nostro Paese (Anche se le prime stime potete trovarle qui), ma c’è un elemento da considerare più di tutti: secondo i dati diramati dalla Coldiretti più di un quarto del Made in Italy è raccolto da mani straniere. Le stime parlano di 370mila lavoratori stranieri che annualmente trovano lavoro nei campi in Italia.

Per questo nelle imprese agricole c’è molta preoccupazione in vista delle imminenti campagne di raccolta perché gran parte dei Paesi di origine dei braccianti impiegati in Italia stanno adottando misure per controllare il propagarsi del Coronavirus e quindi degli spostamenti dei sui abitanti.

La Romania ha imposto la quarantena ai suoi cittadini provenienti da Lombardia e Veneto dove rappresentano, o rappresentavano, la comunità straniera più numerosa nei campi con oltre centomila lavoratori a livello nazionale. Misure restrittive sono state previste anche dal Ministero della Salute polacco, che ha imposto l’auto-monitoraggio. La Bulgaria ha chiesto a tutti i passeggeri provenienti da tutte le regioni italiane (sintomatici e asintomatici) di compilare al rientro un questionario, in presenza di un ispettore sanitario con l’invito ad osservare una quarantena al proprio domicilio nel Paese di origine.

La metà degli stranieri lavora in 15 province
La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia, secondo il Dossier statistico Immigrazione 2019, è quella rumena con 107.591 occupati davanti a marocchini (35.013) e indiani (34.043) che precedono albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272).

“Occorre un intervento sul piano nazionale e comunitario — spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini — perché l’emergenza Coronavirus sta purtroppo impattando in modo sostanziale sulle attività delle imprese”.

E continuerà a farlo nei prossimi mesi, soprattutto in quelle regioni in cui gli stranieri hanno un peso più rilevante nelle campagne di raccolta: il Veneto, l’Emilia Romagna, la Campania e la Puglia.

 

Autore: La Redazione 
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