Accortezze agronomiche e tecnologia fanno la differenza

da Redazione uvadatavola.com

Non solo gelate, basse temperature e umidità, ma i viticoltori – durante la campagna 2020 – hanno dovuto gestire gli operai badando anche alle restrizioni imposte per contenere il contagio da Covid-19. Chi è riuscito ad organizzarsi per tempo, ricorrendo anche alla tecnologia, ha ottenuto risultati positivi.

Giacinto Defilippis, chiamato Gino, è viticoltore di terza generazione. Ad oggi conduce l’omonima azienda agricola che sorge tra l’agro di Rutigliano e quello di Acquaviva. Complessivamente stiamo parlando di circa 15 ettari che ospitano varietà medie, come la Sugar Crisp e tardive, come Allison e Italia. Quest’ultima varietà è, attualmente, la più coltivata nell’azienda Defilippis.

Signor Defilippis, tiriamo insieme le somme di questa campagna per le uve tardive.
Nel periodo primaverile abbiamo avuto una gelata tardiva che ha compromesso i vigneti, e parlo soprattutto per chi coltiva cv Superior e Crimson. Anche io, nel mio piccolo, ho subito gli effetti della gelata sulla Sugar Crisp. Durante la fioritura, inoltre, è accaduto quello che tutti i viticoltori vorrebbero scongiurare: piogge e calo considerevole delle temperature. Tutto questo ha compromesso la fioritura un po’ per tutte le uve insidiando, così, la qualità finale del prodotto. Questo ha inoltre fatto lievitare i costi di produzione, perché siamo stati costretti a ripulire i grappoli anche delle senza semi.

Personalmente sulla Sugar Crisp ho dovuto operare così per ottenere bacche e grappoli più omogenei. Ho addirittura effettuato una leggerissima toelettatura dei grappoli anche per la varietà Allison, che per me è stata un primo frutto. Si tratta di una varietà che non richiede questo tipo di operazione, ma la scelta perseguita mi ha premiato. Sono infatti riuscito ad ottenere un frutto unico. Ho ricevuto anche molti complimenti e i risultati raggiunti con questa cultivar sono andati anche al di sopra di ogni più rosea aspettativa. A mio avviso tutte le uve hanno bisogno di una leggerissima ripulitura dei grappoli, nessun grappolo nasce perfetto. Molti pensano che impiantare seedless significhi non dover fare nulla, ma non è così. Le operazioni colturali da svolgere in campo ci sono e sono molteplici. Indubbiamente, però, si tratta di varietà che necessitano di meno manodopera, specie per l’acinellatura.

Un altro elemento che ha caratterizzato la stagione è legato ai volumi che sono stati inferiori per tutte le varietà. Da segnalare ci sono anche i picchi di caldo registrati nel mese di settembre, quando il termometro è salito molto al di sopra della media. Probabilmente anche per questo ho riscontrato che le bacche di uva Italia sono meno turgide. Ancora oggi (11 novembre NDG) in campo si irriga e si nutre, ma il turgore tipico dell’uva Italia quest’anno non si è visto. Si tratta di un problema che, al contrario, non ho riscontrato sulle apirene. In questo caso c’è anche il rovescio della medaglia. Bisogna, infatti, prestare molta attenzione a gestire irrigazione e nutrizione perché si rischia di ritrovarsi con acini spaccati. Quindi talvolta meglio un acino un po’ più molle che uno danneggiato.

Mi pare di capire quindi che i costi per la manodopera sono stati importanti.
Facendo un confronto con gli ultimi due anni, sicuramente il lavoro necessario alla toelettatura di un singolo grappolo è stato superiore. Allo stesso tempo, però, effettuando la selezione dei grappoli, si è lavorato su un numero di grappoli inferiore. Alla fine della fiera, quindi, il costo non è stato maggiore rispetto a quello sostenuto negli anni passati.

Se parliamo di costi, però, bisogna considerare che questo 2020 è stato l’anno del Covid. Le normative atte a ridurre il contagio hanno determinato, in campo, tanti nuovi problemi di natura logistica. Per cominciare c’era una distanza minima da rispettare tra gli operai, inoltre le aziende agricole hanno riscontrato molta difficoltà nel reperimento del personale. La paura ha tenuto a casa tanta gente, e non parlo solo di ragazzi – che però non avevano altrettanto timore a frequentare le discoteche e le spiagge – ma anche di persone che storicamente hanno sempre lavorato in questo settore. Un ennesimo problema da gestire è stato il trasporto del personale in campo, i numeri di operai per automobile era di appena 3, al massimo 4, se congiunti. Tutto è stato molto complicato, io per primo ho messo a disposizione il mio furgone e la mia automobile, che complessivamente riuscivano a trasportare appena 9 persone.

Se spostassimo invece l’attenzione sui problemi fitosanitari che hanno interessato le uve tardive, cosa potrebbe dirci?
Non ho riscontrato particolari problemi. La peronospora, ad esempio, non mi ha danneggiato, ma è bene sottolineare che lavoro sotto telo. Fortunatamente non ho riscontrato nemmeno una presenza eccessiva di oidio, specie considerando che sia le cultivar Sugar Crisp che Allison sono molto suscettibili. Ovviamente lavoro in stretta collaborazione con esperti per la consulenza tecnica, con i quali ho infatti pianificato una strategia di protezione già a inizio campagna. Sono soddisfatto del lavoro compiuto e della sinergia che si è creata tra me e le diverse figure. Siamo stati previdenti, non abbiamo fatto passare troppo tempo fra un trattamento all’altro, né tanto meno allentato la presa. Qualcuno potrebbe pensare che durante un periodo siccitoso si potrebbe evitare il trattamento, ma purtroppo anche l’umidità fa la sua parte. Insomma, non bisogna mai abbassare la guardia.

 

Cosa può dirmi, invece, circa la commercializzazione?
Personalmente ho venduto il prodotto abbastanza presto e sono molto soddisfatto. Dando uno sguardo alla stagione in generale, immaginavo solo che si registrassero prezzi più interessanti, visti i volumi in meno.

Utilizza delle tecniche particolari?
La qualità che ho raggiunto quest’anno, nonostante le mille difficoltà, è stata davvero alta. Questo lo devo anche ad alcuni accorgimenti agronomici e tecnologici: ad esempio mi sono dotato di sonde al terreno, per conoscere la soluzione circolante, l’analisi nutrizionale e fogliare. Sulla base di questi dati riesco a realizzare delle fertirrigazioni mirate. La cultivar Allison, ad esempio, è carente di magnesio.

I miei nuovi  impianti sono poi un po’ più larghi del solito. Infatti, mentre le cultivar più datate si sviluppano su 2,40 X 2,40 metri, le nuove raggiungono i 2,65 x 2,50 metri. Certo, non è un impianto eccessivamente largo, ma è buono per le varietà che ho impiantato.
Inoltre, per evitare che la vegetazione soffra troppo il caldo ho provveduto a sollevare il telo di copertura, per evitare scottature e favorire la circolazione dell’aria. Questo accorgimento mi ha permesso, inoltre, di aggirare gli accartocciamenti delle foglie e i benefici sono stati davvero evidenti.

Lei che ha vissuto in prima persona il cambiamento varietale cosa ha notato di diverso nella gestione?
Ogni uva ha le sue specifiche caratteristiche e talvolta siamo noi produttori che dobbiamo “adeguarci” alle varietà. Per me il ricambio varietale non ha rappresentato un problema. Tra le differenze noto principalmente delle nuove operazioni colturali da effettuare. Penso, ad esempio, alla spuntatura del grappolo, tecnica che non si effettua su uva Italia.

Per quanto mi riguarda faccio parte di un club, per cui ci sono royalty da pagare all’impianto e alla commercializzazione. Certo, esistono produttori che entrano nei club e pensano di aver risolto i loro problemi, trascurando quasi il vigneto perché danno per scontato che quell’uva sarà tagliata. A mio avviso, non è questo l’atteggiamento migliore da assumere. Bisogna impegnarsi per ottenere un buon prodotto. Io vedo il rapporto con il mio licenziatario commerciale come una società, un lavoro di squadra. Se da un lato il produttore si impegna per ottenere un buon prodotto, dall’altro il commerciale lavora per valorizzarlo al meglio. Nel club di cui faccio parte ho notato questo, si tratta di un circolo virtuoso che invoglia i viticoltori a lavorare sempre meglio e con entusiasmo. Sono davvero soddisfatto e mi auguro che i rapporti con la parte commerciale rimangano tali.

Progetti per il futuro?
Il prossimo anno metterò a dimora delle barbatelle e penso che per la copertura tenderò ad innalzare ancora di più l’altezza del telo, perché ho notato che questo piccolo accorgimento mi aiuta ad eliminare tanti problemi di natura abiotica in vigneto. Penso e spero di impiantare uve senza semi, allo stesso tempo però ritengo che non bisogna del tutto “licenziare” dal nostro territorio l’uva Italia. Questa varietà, anche se storica, condotta bene e valorizzata nelle sue specifiche caratteristiche qualitative, sarà sempre in grado di conquistare il palato dei consumatori affezionati a quel tipico e ineguagliabile gusto di moscato.

 

Autore: Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com

 

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