Cinque lezioni dalla catastrofica campagna cilena 2020-2021

da Redazione uvadatavola.com

Le abbondanti piogge durate per tre interi giorni e seguite da almeno due settimane con elevati livelli di umidità – tra fine gennaio e l’inizio di febbraio – hanno creato il peggior scenario possibile per l’uva da tavola cilena, considerando anche la tempistica dell’evento.

In quel periodo, infatti, l’uva da tavola – negli areali cileni – era in fase di invaiatura e raccolta. Si stavano già raccogliendo le varietà più precoci, le tardive, invece, erano “intente” ad aumentavano il loro contenuto zuccherino. La presenza di un livello di umidità così alto, in questo stato fenologico, crea un ambiente ideale per lo sviluppo dei marciumi, soprattutto per quelli indotti da dal fungo Botrytis cinerea. I danni causati dalla pioggia, che sono tanto più gravi all’aumentare delle quantità delle precipitazioni, offrono inoltre una via preferenziale per l’insediamento di funghi che provocano, successivamente, il Marciume acido.


Le condizioni descritte finora, inoltre, sono perfette anche per l’insorgenza del cracking, che sarà tanto più invasivo quanto più abbondanti saranno le pioggia e alte saranno le percentuali di zuccheri all’interno del frutto. Ovviamente lo scenario finale descritto finora varia al variare della varietà e delle specifiche suscettibilità.

Tecnici e produttori certo non possono gestire i livelli di zucchero, se si verifica un evento improvviso come un temporale. Indubbiamente il sapore dell’uva migliora all’aumentare del contenuto zuccherino dell’acino, ma se un grappolo di uva in vigneto necessita di un periodo prolungato per maturare, questo sì che può influire negativamente sulla sua futura qualità del frutto.

Fortunatamente per i cileni il clima, a partire dal 20 febbraio, è tornato nella norma, frenando così anche l’insorgere dei marciumi, che hanno compromesso comunque parte della produzione rendendo la campagna 20-21 tristemente memorabile.

Purtroppo, per queste condizioni climatiche appena descritte non c’è fungicida che riesca a contrastare lo sviluppo di botrite. In questi casi è possibile agire solo adottando misure non per evitare, ma per per contenere i danni.

Detto ciò, gli autori di questo articolo: Martín Silva Armanet (agronomo per PUC) e Paso Pehuenche (Consulting e membro di UVANOVA Cile) dopo aver visitato i vigneti per tutto il mese di febbraio, ammettono di aver appreso almeno cinque lezioni che potrebbero essere utili per la futura gestione delle produzioni di uva da tavola.

CINQUE LEZIONI APPRESE DALLA DISASTROSA STAGIONE 2020-2021 PER L’UVA DA TAVOLA CILENA.

Ventilazione
Le viti più ventilate sono state anche le meno colpite. Questo è sempre stato noto e ci sono diversi studi a supporto di questa tesi, sostenuta soprattutto dall’esperto di viticoltura Doug Gubler. Che la ventilazione è importante tanto quanto il miglior fungicida è ormai acclarato. Tra l’altro un “buon fungicida” sarà efficace solo al 50% contro Botrytis, se utilizzato in un vigneto che non abbia un’adeguata ventilazione.

Le viti devono essere ventilate, lo sostengono anche Jim Marois e Jenny Broome, due studiosi che hanno realizzato un modello predittivo per l’insorgenza della botrite. Essi hanno dimostrato che con un’adeguata circolazione dell’aria il micelio non è in grado di colonizzare il frutto adiacente.

Bisogna dunque lavorare duramente in campo per favorire la ventilazione delle piante senza trascurare la chioma. Diradare la chioma consente, infatti, l’ingresso di luce e vento. L’esposizione alla luce favorirà, inoltre, lo sviluppo di una buccia migliore, più resistente alle infezioni. Pertanto è fondamentale lavorare affinché i vigneti siano sottoposti a un’intensa gestione della chioma, per garantire una migliore qualità dei frutti.

Potatura e selezione dei grappoli
Un grappolo che presenti acini serrati, è noto, tende a marcire più facilmente. Un grappolo che presenti acini molto stretti tra loro avrà ricadute negative non solo sulla qualità del frutto, ma impedirà anche la circolazione dell’aria ed il corretto ingresso di agrofarmaci. Quando i grappoli sono serrati, inoltre, l’acqua delle piogge tende a rimane più a lungo al loro interno, prolungando così le condizioni favorevoli allo sviluppo del marciume.

I produttori cileni non sono molto “favorevoli” al diradamento dei grappoli, essi temono di avere un numero di bacche/ettaro insufficiente al momento dell’allegagione. Fermiamoci però un attimo a pensare razionalmente a questo passaggio. Quante volte i produttori possono dire di aver subito danni commerciali a causa di un eccessivo diradamento? In verità è un evento davvero molto raro.

A tal proposito bisognerebbe lavorare in modo più “aggressivo”, considerando anche i costi della manodopera e la carenza di braccianti (altre colture, come le ciliegie, attraggono nello stesso periodo i braccianti addetti al diradamento dei grappoli). Bisognerebbe quindi lavorare di più per ottenere risultati migliori dal diradamento “chimico” o naturale dei nostri grappoli.

Bisognerebbe privilegiare e predisporre dei “protocolli” per il diradamento dei grappoli volti ad effettuare il miglior risultato possibile con il minor numero di “tagli” (e di tempo) possibile. Considerando la scarsità di personale e di risorse economiche. Occorre giungere ad un compromesso per ottenere non di certo “opere d’arte” con alti costi di produzione, ma grappoli più “sciolti” e quindi più sani.

Calibro
Con l’innovazione varietale, la dimensione degli acini non è più un problema. Le nuove cultivar, infatti, presentano calibri naturalmente più grandi. Tuttavia, esistono dei difetti che è opportuno correggere.

L’idea che grappoli con un calibro importante restituiscano dei prezzi più alti è comune. In realtà, però, questo non sempre è vero. Bisogna adoperarsi per cercare il giusto prezzo per il giusto calibro. Solo in questo modo si arresterebbe la corsa all’ottenimento di acini sempre più grandi a cui vengono però corrisposti prezzi spesso fittizi.

Un adagio sudafricano recita: “Più grande è la bacca, più grande è il problema”, bisogna riconoscere che è vero. Se da un lato i frutti con calibri inferiori a 17,5 / 18 mm non sono più accetti di buon grado dagli esportatori. Dall’altra i frutti con dimensioni superiori a 25 mm complicano gradualmente e in proporzioni le condizioni del frutto.

Per molte varietà, una dimensione corretta dovrebbe essere compresa tra 21 e 24 mm. Se questo significa non usare l’acido gibberellico, qual è il problema? Ci sono varietà che possono superare i 30 mm, ma la verità è che mangiare un acino d’uva con due morsi è uno svantaggio e un disagio per il consumatore. L’uva possiede un acino piccolo, non dobbiamo commettere l’errore di trasformarlo in una prugna o in una pesca. Mangiare un acino in un sol boccone ha dei lati positivi per i consumatori, ad esempio non rischiano di sporcarsi mentre guastano l’uva.

Inoltre è anche scientificamente provato che l’uso eccessivo di regolatori della crescita (Zoffoli et al) deteriora la resistenza della cuticola della bacca, rendendo l’uva più incline allo sviluppo di fessure e al potenziale insediamento di marciume. Si è visto che i vigneti che presentano grappoli con acini di dimensione più piccola resistono meglio agli effetti della pioggia. Cerchiamo, dunque, la dimensione corretta e non la più grande.

Vigore
Le viti più vigorose, si è notato, hanno sviluppato forme più gravi di marciume. Per le chiome più fitte (germogli più lunghi, foglie più grandi) o perché contenevano livelli di azoto più elevati nei loro tessuti. La relazione tra il contenuto di azoto e lo sviluppo della Botrytis è nota, poiché il fungo necessità di azoto per il suo sviluppo. L’ombra è più favorevole all’insorgenza del patogeno rispetto alla luce. Esso infatti predilige un ambiente cupo e meno ventilato, come già detto.

Le viti più vigorose sviluppano una maggiore suscettibilità anche all’oidio, malattia che colpisce gravemente diverse nuove varietà, generalmente molto vigorose. Il danno della muffa alla cuticola fa sì che gli acini perdano elasticità e spaccandosi creino le condizioni migliori per permettere l’insorgenza dei marciumi. Insomma, dobbiamo lavorare per evitare l’eccessiva vigoria e coltivare viti più equilibrate.

Tecniche di applicazione degli agrofarmaci
In diversi vigneti cileni sono state osservate differenze che possono essere spiegate solo confrontando la qualità dell’applicazione dell’agrofarmaco. Ad esempio, tra una chioma ventilata e una ben ventilata, la differenza salta all’occhio e risiede nella distanza tra gli ugelli e i grappoli target. In Cile, i produttori considerano sufficiente la semplice applicazione, ma la qualità dell’applicazione dell’agrofarmaco è spesso un passo decisivo per la protezione della vite.

In che percentuale i nostri produttori possono garantire che le macchine utilizzate in campo siano ben calibrate? O che i loro operatori conoscano il numero di giri al quale devono condurle? I giri del motore?  Quale pressione dare agli ugelli affinché le gocce siano perfette e non provochino derive e inutili perdite di prodotto?

Insomma, anche tra agronomi e consulenti queste problematiche non vengono affrontate appieno nonostante rivestano molta importanza. Anche il miglior fungicida può fallire, se applicato male o in modo non conforme. Le applicazioni dei formulati devono essere eseguite correttamente, con la corretta calibrazione delle macchine, in modo che i prodotti possano agire nel miglior modo possibile.

Indipendentemente da futuri eventi climatici avversi, applicare in campo queste 5 semplici lezioni consentirà ai viticoltori di produrre frutti di alta qualità.

Questo è quanto, non dimentichiamo le lezioni che ci ha lasciato la catastrofica stagione dell’uva da tavola 2020-2021.


Traduzione a cura di: Teresa Manuzzi 
Fonte: www.freshfruitportal.com

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