Cile, viticoltura da tavola: differenze e analogie con l’Italia

Diego Bustos descrive gli aspetti più interessanti del comparto viticolo del Cile, Paese leader nella gestione del post raccolta.

da Redazione uvadatavola.com
cile

Per comprendere meglio in che modo si gestisce l’uva da tavola in Cile ci affidiamo ad una “guida locale”; sarà l’agronomo Diego Bustos, infatti, a descrivere gli aspetti più interessanti del comparto viticolo di questo Paese, che è leader nella gestione del postraccolta.

Bustos, dopo aver lavorato per 5 anni come Product Manager all’interno dell’azienda di breeding ANA Chile, oggi presta consulenza agronomica privatamente alle aziende agricole.

In Cile quanti ettari di uva da tavola sono coltivati?

Oggi la coltivazione dell’uva da tavola, in Cile, occupa circa 43.000 ettari di vigneti in produzione. Una quota significativa di questa uva, però, non sarà lavorata nel corso dell’attuale stagione principalmente a causa della bassa redditività (di alcuni quadri produttivi), dell’invecchiamento delle piante, della scarsità d’acqua e della minore richiesta di varietà tradizionali. Ci terrei a sottolineare come le superfici cilene coltivate ad uva da tavola abbiano subito una contrazione negli ultimi anni, passando da 54.000 ettari nel 2014, a 43.000 ettari nel 2022. La tendenza è chiara.

Descrivici le principali zone di produzione

Le zone produttive del Cile sono molto diverse tra loro, l’uva si produce dal deserto di Atacama alla regione di O’Higgins, che vanta un clima mediterraneo. I principali areali di coltivazione possono essere sostanzialmente raggruppati in 5 macro aree: Atacama, Coquimbo, Aconcagua, Metropolitana e O’Higgins-Maule.

Atacama

Questa zona si distingue per il suo clima desertico, scarsa vegetazione, valli lunghe e strette e temperature molto alte fin da inizio stagione. Ciò consente di cominciare la raccolta anche nel mese di novembre nelle zone più precoci della cordigliera delle Ande (il Cile si trova nell’emisfero Sud e le stagioni sono invertite rispetto all’Italia che si trova nell’emisfero Nord, N.d.R.). In questa zona è insolito che piova durante la stagione estiva, ma ci sono località con una certa altitudine in cui spesso si abbattono delle tempeste estive che attraversano la cordigliera delle Ande interessando i settori pre-montuosi.

Coquimbo

L’areale in questione presenta un clima semi desertico, con precipitazioni annuali maggiori di quelle di Atacama. La vegetazione predominante, qui, è formata da cactus e arbusti. In base alla precocità delle varietà e alla posizione del vigneto all’interno della valle, le uve precoci sono pronte per il raccolto nel mese di dicembre. Le precipitazioni estive sono insolite in questa zona e non hanno ricadute economiche rilevanti per le produzioni e le aziende agricole.

Aconcagua

Si tratta di una zona produttiva storica per il Cile. La viticoltura cilena ha mosso i suoi primi passi proprio in questa valle dal clima mediterraneo. Qui le estati sono calde e gli inverni molto freddi. La vegetazione locale è più abbondante, variegata e rigogliosa rispetto ai precedenti areali analizzati. Si registra, infatti, una maggiore piovosità concentrata durante la stagione invernale (>300 mm annui). Le precipitazioni estive sono insolite in quest’area, anche se ci sono stati eventi climatici avversi in passato che hanno avuto un impatto economico importante per i produttori. Tutti ricordano, ad esempio, la pioggia del gennaio 2020.

Metropolitana

L’areale Metropolitana è situato immediatamente a Sud di Santiago, presenta un clima mediterraneo ma con mattine e notti più gelide rispetto a Aconcagua. Qui, inoltre, ritroviamo un’incidenza maggiore di nebbie al mattino, circostanza che ritarda la raccolta perché è opportuno attendere che la frutta si asciughi. La vegetazione locale è simile a quella che si ritrova ad Aconcagua, ma ancora più verdeggiante grazie a temperature massime più moderate. Le precipitazioni estive sono improbabili durante i mesi estivi, ma più frequenti rispetto alla zona di Aconcagua.

O’Higgins e Maule:

Descriviamo ora la zona che può vantare, in Cile, la maggiore superficie coltivata ad uva da tavola. Proprio da qui, durante la scorsa stagione, sono stati esportati interessanti volumi di uva: il 44,7% dell’intera uva coltivata in Cile. Anche qui ritroviamo un clima mediterraneo, ma con differenze nelle precipitazioni annuali e nelle temperature. In questo areale, circa le precipitazioni, si registrano valori superiori a 350 mm di pioggia all’anno. Inoltre la zona si distingue per la grande fertilità chimica e biologica del terreno, fattore che si estrinseca in un maggior vigore delle piante. Qui le precipitazioni possono verificarsi a fine estate.

Risulta interessante osservare come all’interno di una stessa vallata una stessa cultivar di uva da tavola può giungere a maturazione anche con un mese di differenza a seconda che il vigneto sorga più o meno vicino al mare. Infatti i vigneti piantati più in prossimità della cordigliera delle Ande maturano più velocemente rispetto a quelli vicini al mare. Ciò accade a causa della differenza di temperatura. Per questo molte aziende agricole hanno adottato come strategia produttiva quella di realizzare impianti a diverse altitudini, così da poter estendere la loro finestra di raccolta per più settimane durante la stagione.

 

Che tu sappia, ci sono delle differenze con la viticoltura italiana?

In generale, una delle principali differenze è la primavera più fredda. Questo comporta una minore colatura dei grappoli e ciò costringe i viticoltori ad effettuare il diradamento. Si tratta di un fattore importante nella valutazione della competitività dell’industria, in quanto obbliga gli agricoltori ad intervenire sui grappoli con le forbici, aumentando, così, notevolmente i costi di produzione per la manodopera. Un altro fattore rilevante è la minore incidenza delle piogge estive. In generale, il clima in Cile è stabile e ben definito, è improbabile imbattersi in piogge durante la stagione estiva, tranne nella zona di O’Higgins e Maule, dove è normale registrare precipitazioni a fine estate.

 

Sistema di allevamento

Dei 43.000 ettari coltivati a livello nazionale, si stima che 40.000 siano allevati con sistema tradizionale spagnolo detto “Parrón español” (ovvero quello che in Italia viene chiamato “tendone”), lasciando circa 3.000 ettari alla conduzione con il sistema open gable (forma di allevamento che in Italia chiamiamo a “ipsilon” Y).

Che varietà si coltivano?

Negli ultimi anni, l’offerta varietale cilena è cambiata enormemente, passando da un’esportazione di cultivar più tradizionali come Red Globe, Crimson, Thompson, Flame, Superior e Autumn Royal a un ventaglio varietale molto più ampio composto per lo più da varietà brevettate. Tra queste spiccano: Timco, Allison e Sweet Celebration. Di base queste sono le cultivar più esportate, ma c’è una tendenza crescente negli ultimi anni che vede aumentare i volumi di: Autumncrisp e Sweet Globe.

È importante ricordare che il Cile vanta i 2 programmi di miglioramento genetico, INIA-Biofrutales e il Consorzio Tecnologico della Frutta. Il primo ha già licenziato 4 varietà commerciali; il secondo, invece, ha una selezione che è in fase avanzata di registrazione. Entrambi i programmi sono al lavoro per lo sviluppo di varietà tolleranti alle malattie fungine, ma in entrambi i casi si parla solo di selezioni e non di cultivar.

Risulta interessante seguire come si sta evolvendo in questi anni la vendita delle piante: si nota una maggiore domanda di varietà verdi e un decremento dell’interesse per le varietà nere e rosse. Questo maggiore interesse per le varietà verdi si riflette anche nelle esportazioni della scorsa stagione, dove varietà come Arra15, Sweet Globe e Autumncrisp hanno visto aumentare i propri volumi esportati rispettivamente del 67%, del 76% e dell’ 85%. Tradizionalmente la principale destinazione della frutta cilena è il mercato statunitense, che attrae il 50% dei volumi di uva esportati. Al secondo posto troviamo l’estremo Oriente, con il 22%, e l’Europa con il 17%.

Che sesto di impianto si adopera in Cile?

Il senso di impianto può variare molto a seconda dell’età del vigneto. La tendenza per i nuovi impianti condotti con il sistema di allevamento “parron” è di 3,5 metri x 2 metri. Chi preferisce l’open gable (Y), invece, adopera un sesto di 3,5 metri x 1,6 metri.

In Cile si usa proteggere le coltivazioni con teli plastici?

Questa è una tecnologia ormai convalidata in Cile, sia per i suoi benefici diretti – come la protezione da gelate e piogge -, sia per i suoi effetti positivi come l’omogeneità delle diverse fasi fenologiche, l’aumento del calibro e l’ottenimento di un miglior diradamento. Secondo i dati forniti dall’azienda produttrice di teli plastici Serroplast, si stima che in Cile 2.100 ettari di uva da tavola siano coperti con teli. Di questi, 2.000 ettari presentano una struttura fissa.

Organizzazione di produttori

A differenza dell’Italia, la stragrande maggioranza dei produttori cileni non si organizza in cooperative o altri organismi associativi. La situazione più comune è quella di produrre frutta e consegnarla a società terze che si occupano di esportazione e gestione commerciale. C’è un’associazione privata, Uvanova, che cerca di supportare la viticoltura nello sviluppo tecnico e nel coordinamento: il lavoro svolto è buono ma si tratta di una iniziativa privata, non un’associazione o un comitato come potrebbero esserlo Provid (in Perù) o SATI (in Sud Africa). C’è anche Fedefruta, che però ha un ruolo generale e si occupa di tutta la frutticoltura. Non esiste alcuna associazione specificamente focalizzata sulla viticoltura.
L’assenza di un’istituzione con queste caratteristiche è quindi una debolezza dell’industria cilena.

Disponibilità e costo del lavoro qualificato

Oggi si stima che il costo medio di produzione per un ettaro di uva da tavola in Cile sia compreso tra i 25.000 e i 30.000 dollari statunitensi. Il 60% di questo costo è destinato alla manodopera. Rintracciare manodopera qualificata, in Cile, è diventato più raro e costoso negli ultimi anni e si è osservato il suo riflesso sui costi di produzione. Prima della pandemia il costo medio di una giornata lavorativa per un bracciante si aggirava sui 25 dollari; in meno di tre anni il costo ha raggiunto i 40 dollari. A mio avviso, per comprendere meglio quanto sta accadendo, occorre considerare tre fattori importanti che influenzano i costi in questo nuovo scenario. Il primo è che l’industria cilena utilizza tradizionalmente un numero maggiore di giornate uomo per ettaro rispetto all’Italia, specialmente per le operazioni di potatura e per la gestione del grappolo. Il secondo fattore da considerare è che durante i lockdown è stato molto difficile rintracciare manodopera per lo svolgimento dei lavori in campo. Ciò ha costretto le aziende a pagare fino al 40% in più – rispetto a due anni prima – per gli stessi lavori. Il terzo fattore è che il personale specializzato è invecchiato e non c’è stato un ricambio generazionale. Ciò ha ulteriormente ridotto la disponibilità di operai e ha fatto lievitare i costi.

Tecnologie innovative utilizzate

Il comparto cileno di uva da tavola è costantemente alla ricerca di nuove tecnologie. Oggi tra i produttori si stanno diffondendo strumenti, già convalidati, in grado di misurare la biomassa attraverso fotocamere spettrali. Si tratta di strumenti molto utili per conoscere lo stato generale dei diversi quadri del vigneto ottenendo dati oggettivi e validi per effettuare una quantificazione. Dunque, si è all’opera anche per sviluppare e convalidare strumenti utili a effettuare una stima produttiva, adoperando l’intelligenza artificiale.

Meccanizzazione delle operazioni colturali

Poiché la maggior parte delle superfici vocate alla produzione di uva da tavola è coltivata seguendo la forma di allevamento parron, risulta complesso applicare la meccanizzazione in campo. Pertanto sono poche le operazioni colturali che si riescono a meccanizzare. Le principali innovazioni in uso in tal senso riguardano alcuni utensili elettrici atti a facilitare lavori come la potatura e la legatura dei tralci.

Gestione del postraccolta

Come è noto, il Cile è uno dei Paesi produttori più lontani rispetto ai suoi principali mercati di riferimento, il che ci obbliga a innovare costantemente la gestione del postraccolta. Gli sforzi di tecnici e produttori sono focalizzati sul mantenimento della qualità del rachide. Si lavora per cercare di far arrivare il frutto a destinazione mantenendolo fresco e sano per più tempo possibile. Tra i fattori chiave di questo passaggio c’è il miglioramento costante della catena del freddo. Siamo molto concentrati nella ricerca di nuove alternative postraccolta per raffreddare la frutta nel più breve tempo possibile. Inoltre sono in fase di sviluppo tecnologie con luce UV per la disinfezione del prodotto e l’uso dell’ozono per sostituire i classici sacchetti a rilascio controllato di anidride solforosa (SO2).

Prima di salutarti, sapresti dirmi se i produttori di uva coltivano in modo diverso a seconda del mercato di riferimento?

Per quanto riguarda le esigenze dei mercati di riferimento, ci possono essere differenze di calibro e colore. Generalmente i calibri più interessanti sono destinati al mercato statunitense e dell’Estremo Oriente; i calibri medi vengono prodotti per l’Europa; i calibri più piccoli sono destinati ai mercati del Sud America e dei Caraibi. Il mercato cambia anche in virtù della colorazione del frutto. Le uve a bacca rossa, infatti, vengono suddivise a seconda della tonalità specifica. La pigmentazione più chiara è destinata al mercato cinese, poiché è un mercato che paga di più per l’uva con una colorazione sulle tonalità del rosso chiaro. Anche la dolcezza rappresenta un discrimine per il mercato. Il mercato asiatico, ad esempio, è disposto a pagare di più per frutta con un rapporto zucchero/acidità più alto. I produttori focalizzati su questo mercato, infatti, attendono che i loro grappoli raggiungano un maggior numero di °Brix, e pianificano la loro strategia di produzione tenendo ben presente questo obiettivo. La frutta destinata ad altri mercati, infatti, viene raccolta a valori di °Brix più bassi, ovvero quando il rapporto zucchero/acidità (TSS/TA) è pari a 20:1.

 

Autrice: Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com

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