Con il professor Gianfranco Romanazzi, presidente dell’Associazione Italiana per la Protezione delle Piante (AIPP), approfondiamo strategie e pratiche agronomiche utili nella difesa in campo dalle infezioni di peronospora.
È possibile controllare efficacemente la peronospora in campo?
La peronospora della vite è una malattia che affligge i nostri vigneti dalla fine dell’800, quando è stata importata con materiale di propagazione infetto dagli Stati Uniti. Giunta in Europa, ha causato per alcuni anni perdite di produzione ingenti, tanto da far pensare alla sostituzione della coltura con altre non suscettibili. Una malattia delle piante, infatti, può determinare enormi conseguenze socio-economiche: gli inglesi, ad esempio, colonizzatori delle Indie, fino all’Ottocento bevevano caffè che importavano dall’isola di Ceylon (ora Sri Lanka). Quando una epidemia di ruggine del caffè ha distrutto la coltura in queste terre lontane, la bevanda preferita sulle tavole degli anglosassoni è diventata il the. Pertanto, le malattie delle piante sono state e sono tuttora un pericolo costante per le nostre produzioni, a maggior ragione per una coltura ad alto reddito come l’uva da tavola, per la quale il consumatore pretende un prodotto ai limiti della perfezione.
La protezione dalla peronospora è dunque basata su una serie di interventi che tengono conto dei disciplinari di protezione integrata e degli standard di riferimento dei tecnici con esperienza specifica per coltura e area di coltivazione. Tuttavia, la forte dipendenza della malattia dall’andamento climatico può rendere complessa la sua gestione, che paradossalmente crea danni maggiori dove si verifica meno frequentemente, in quanto l’agricoltore non si aspetta infezioni particolarmente elevate. L’evoluzione del clima può comportare anche delle variazioni nelle infezioni, che possono risultare particolarmente anticipate o posticipate. A questo si deve aggiungere che anche la protezione antiperonosporica manifesta tuttora una certa complessità e può generare infezioni epidemiche difficili da arginare, nonostante la disponibilità di strategie di protezione consolidate, di un ampio range di agrofarmaci con caratteristiche differenziali, nonché di modelli previsionali attendibili.
Quali sono gli errori più frequenti che vengono effettuati in un vigneto a uva da tavola per il controllo di questo patogeno?
Da qual che mi risulta, i produttori di uva da tavola e i loro tecnici di campo hanno ampia esperienza nella gestione della peronospora. Tuttavia, le strategie utilizzate possono presentare delle sorprese anche in situazioni consolidate. Soprattutto nella coltivazione sotto film plastici, infatti, si può sottostimare l’importanza di una accurata protezione, poiché la pioggia raramente impatta direttamente sulla vegetazione suscettibile alla malattia.
Chi programma la protezione antiperonosporica deve tener conto di una serie di fattori, quali:
- la persistenza dei prodotti;
- l’inclusione nei disciplinari di produzione integrata di emanazione pubblica o privata;
- il costo dell’applicazione;
- l’alternanza di prodotti a diverso meccanismo d’azione;
- la compatibilità con altri formulati e magari altri aspetti commerciali che, nella maggior parte dei casi, contribuiscono a un controllo completo delle infezioni.
Vista la disponibilità di prodotti in grado di bloccare le infezioni in atto, tutti questi fattori porterebbero dunque, almeno idealmente, ad attendere i primi sintomi della malattia prima di avviare le infezioni, al fine di ridurre l’apporto di fitosanitari in vigneto e contenere i costi. Se, in linea di massima, questa strategia sia ben accetta e desiderata, non lo stesso può dirsi per la peronospora: in tal caso, infatti, questa operazione potrebbe esporre la produzione a rischi, soprattutto in annate con andamento climatico irregolare e non sempre prevedibile.
In che misura i prodotti attualmente in commercio sono efficaci per il controllo della peronospora e limitano il rischio che possano insorgere resistenze?
La peronospora della vite, per il lungo periodo di suscettibilità della pianta e il conseguente elevato numero di trattamenti necessario a proteggere la produzione, è probabilmente la malattia per la quale è più elevato il numero di fitosanitari disponibili, nonché il costo dei trattamenti per l’azienda. Tuttavia, i molteplici fattori che i tecnici devono tenere in considerazione, assieme alle già riportate limitazioni alle quali l’azienda è soggetta, rendono complessa la gestione quotidiana della malattia. Una gestione oggi ulteriormente complicata dalla riduzione della disponibilità di strumenti storici per la protezione antiperonosporica. In particolare, dalle limitazioni degli apporti di rame e dall ‘uscita di scena del mancozeb, che ha privato gli agricoltori di un altro alleato nella protezione.
Pertanto, nonostante la continua evoluzione normativa che mira a una sostenibilità crescente, è da tenere in debita considerazione la necessità di alternare prodotti con diverso meccanismo di azione, oppure la possibilità di utilizzarli in combinazione in strategie anti-resistenza. Il rischio di resistenza è sempre presente, soprattutto nelle aree dove la malattia è presente quasi ogni anno e il numero di trattamenti antiperonosporici è molto alto. Per fortuna in Puglia la peronospora ha una frequenza epidemica saltuaria, rappresentando così una preoccupazione minore. In ogni caso, il rischio deve essere prevenuto con le opportune strategie e monitorato in caso di sospetti (anomali eventi climatici), ricorrendo a specifiche azioni.
Un altro aspetto da considerare accuratamente è poi la completa bagnatura della vegetazione.
Nel sistema di allevamento a tendone la bagnatura della vegetazione durante i trattamenti non è sempre perfetta, specie perché la maggior parte delle aziende, per accelerare le operazioni, effettua i trattamenti a filari alterni. I trattamenti a dosi di miscela sempre più basse risultano efficaci in condizioni di minima pressione di malattia, mentre manifestano i propri limiti se questa diventa più elevata. In particolare, la peronospora, in presenza di condizioni climatiche particolarmente favorevoli, può manifestare incrementi di virulenza importanti in periodi di tempo molto brevi, e magari in periodi dell’anno nei quali le infezioni sono meno attese. Infine, da non tralasciare, è l’applicazione dei fitosanitari con attrezzature opportunamente tarate che assicurino una costanza di distribuzione, e quindi la presenza di una giusta dose di agrofarmaco dove ci si aspetta che agisca.
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