Come realizzare un vigneto? Gli aspetti da considerare sono numerosi. Conoscerli, però, è fondamentale specialmente al fine di ottenere un buon risultato che permetta alla pianta di svilupparsi in maniera fisiologicamente ottimale e capace di dare produzioni interessanti in termini qualitativi. Lo spiegano Lorenzo Pellegrino – Dottore Agronomo Agriproject Group e Rosario Di Lorenzo – Professore Ordinario di Viticoltura presso il Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo; Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino nel quarto numero di uvadatavola magazine.
Realizzare un nuovo vigneto per la produzione di uva da tavola è oggi un percorso molto complesso, che deve tener conto di molteplici fattori legati ai cambiamenti che il comparto sta attraversando: da quelli varietali a quelli legislativi, senza tralasciare quelli economici e climatici.
Per quanto riguarda il rinnovo varietale, il cambio di rotta è già avvenuto; attualmente in quasi tutti i nuovi vigneti si coltivano varietà di uva da tavola senza semi.
In materia legislativa, l’Unione Europea ha approvato la nuova legge europea sul clima (Regolamento 2021/1119) che ha suscitato grande interesse in tutto il mondo agricolo, poiché tra le misure rientrano la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e fertilizzanti e l’interesse ad aumentare e sostenere le produzioni in regime di agricoltura biologica.
Circa i fattori climatici, eventi anomali come la siccità che ha caratterizzato le ultime campagne, gelate tardive, eccessi termici ed eventi piovosi, che quest’anno hanno interessato pesantemente la prima parte della campagna viticola 2023, sono ormai all’ordine del giorno e pesano sui produttori di uva da tavola.
In ultimo, in ambito economico, il rincaro dei costi energetici, delle materie prime e dei mezzi tecnici sono variabili che incidono pesantemente sul bilancio finale dell’attività agricola.
Considerati i cambiamenti e le difficoltà che il comparto deve affrontare, attraverso questo articolo si cercherà di illustrare brevemente i principali aspetti da considerare nella realizzazione e progettazione di un nuovo impianto di uva da tavola.
Come realizzare un vigneto? Le operazioni preparatorie del terreno
Quando si procede a realizzare l’impianto di un nuovo vigneto, è importante preparare in primis il terreno considerando le caratteristiche pedologiche del suolo. Quando si ha a che fare con terreni ricchi di scheletro, in cui sono presenti banchi di roccia, è importante effettuare lavorazioni di frantumazione; laddove, in caso di terreni pesanti, ricchi di argilla, è bene predisporre sistemi per il drenaggio dell’acqua. Se, invece, ci si ritrova a lavorare con terreni privi di fattori “limitanti”, è opportuno effettuare delle lavorazioni pre-impianto finalizzate ad assicurare le condizioni ottimali per lo sviluppo e per le attività dell’apparato radicale, considerando lo strato di suolo profondo 60 centimetri.
Un altro aspetto fondamentale nella preparazione del terreno è la rimozione delle piante che prima sorgevano su quello stesso appezzamento. Condizione oggi assai diffusa è infatti la realizzazione di nuovi vigneti su areali dove prima ne sorgevano altri, al fine di sfruttare la struttura già esistente di vecchi impianti. In tal caso, è allora indispensabile seguire alcuni accorgimenti come:
- utilizzare escavatori o ricorrere a interventi di rippatura per rimuovere anche le radici delle vecchie piante;
- ripristinare la fertilità del suolo;
- scegliere quei portainnesti che meglio si adattano alle condizioni di suolo “stanco” come il PI 140 Ruggeri e il 1103 Paulsen.
Realizzazione della struttura
L’impianto di un vigneto prevede la costruzione di una struttura “portante”, che può essere realizzata con tiranti ancorati al suolo oppure con l’utilizzo di putrelle di 5 metri, piantumate a circa 2 metri di profondità. Successivamente alla realizzazione di questa struttura, si procede alla messa in posa di pali tutori in cemento o legno e fili di ferro.
La distribuzione dei fili di ferro nel vigneto varia in funzione del sistema di allevamento scelto. Tra quelli attualmente più diffusi ci sono i sistemi a Y (realizzata con fili di ferro o archetti) e il monopalco che, rispetto al tradizionale vigneto a doppio impalco, possono comportare costi di impianto maggiori, ma anche migliorare l’efficienza produttiva del vigneto e ridurre i costi di gestione annuale.
In ultimo, è necessario dotare gli impianti con sistemi di copertura come film plastici e reti antigrandine, che verranno disposti seguendo la forma di allevamento scelta.
Scelta varietale
Come accennato, al momento in Puglia si piantano quasi esclusivamente varietà senza semi, caratterizzate da apirenia di tipo stenospermocarpico. Le varietà a disposizione sono ottenute dai programmi di breeding condotti, per esempio, da California Table Grape Commission (CTGC), Grapa, Grape Evolution, IFG, SNFL e Sunworld, ma di recente anche da programmi italiani come quelli di Grape & Grape Group, NuVaUT, Italian Variety Club (IVC), Innovitis dell’Università di Catania e AgriUniTech.
Tuttavia, se in passato la scelta varietale per le uve tradizionali con semi, come Vittoria e Italia, era molto legata alla vocazionalità della zona (in zona precoce si sceglievano cultivar precoci, mentre in zona tardiva cultivar tardive), adesso – soprattutto in virtù della necessità dei gruppi commerciali di avere ampi calendari di offerta – l’interazione genotipo-ambiente ricopre un ruolo meno significativo. È comune, quindi, che varietà tardive siano coltivate in zone precoci e viceversa. Tanto da poter asserire che oggi la scelta varietale è strettamente legata alle politiche di valorizzazione adottate dai breeder per il successo commerciale di un brand.
Strettamente legata alla varietà, invece, è la scelta del sesto di impianto che di solito è più ampio tra le file (da 2,50 a 3,30 metri) e più stretto sulla fila (da 1,80 a 3 metri).
Materiale e sesti d’impianto
Per la messa a dimora delle piante, il viticoltore può optare per delle barbatelle selvatiche, su cui innestare l’anno seguente la varietà di interesse, oppure per delle barbatelle già precedentemente innestate in vivaio. Quest’ultima opzione si sta diffondendo sempre più tra i produttori. Grazie alle adeguate forzature con concimazioni e irrigazioni, infatti, le barbatelle innestate in vivaio, se sottoposte a operazioni di cimatura dell’asse e delle femminelle e di selezione dei germogli, possono entrare in produzione già l’anno successivo a quello di trapianto.
Diversamente, per quanto riguarda i sesti di impianto, sempre più diffuso è il sesto rettangolare (2,40 x 3,50 metri oppure 2,20 x 2,80 metri) con 1.100-1.700 piante a ettaro, a differenza del tradizionale sesto quadrato (3 x 3 metri oppure 2,80 x 2,80 metri) con 1.100-1.300 piante a ettaro.
Come realizzare un vigneto? Forma di allevamento e potatura
La fase di allevamento delle piantine e le relative operazioni in verde e al bruno sono fondamentali per impostare correttamente l’architettura della pianta, la cui struttura permanente dovrà essere mantenuta negli anni con interventi facili e minimi. Particolare attenzione deve essere quindi rivolta all’impalcatura della pianta, tenendo a mente gli obiettivi di costituire le branche principali nell’anno in corso e di impalcare la pianta a una altezza prossima a quella dei fili, ai quali saranno legati i cordoni e/o i capi a frutto. Una buona impalcatura consentirà di migliorare l’efficienza complessiva delle viti e la gestione degli aspetti di natura fitosanitaria.
Diverse sono le forme di allevamento attualmente disponibili. Tra queste, considerata la buona fertilità potenziale delle gemme basali delle nuove varietà apirene, le mutate valutazioni dei parametri di qualità delle uve e la sempre minore disponibilità di personale specializzato nelle operazioni di potatura invernale e verde (incisione, defogliazione, cimatura) e di selezione dei grappoli, un crescente interesse sta riscontrando la potatura a cordone permanente (speronato o sylvoz).
Gestione del suolo, irrigazione e concimazione
Le considerazioni fatte nell’introduzione del presente articolo sono alcuni degli aspetti che stanno oggi indirizzando le tecniche colturali verso l’adozione di metodologie e sistemi innovativi.
Per quanto riguarda la gestione del suolo, per esempio, è sempre più diffuso l’inerbimento controllato, applicato e gestito con diverse modalità (temporaneo o permanente; spontaneo o artificiale; sovescio o sfalcio), soprattutto in funzione dell’ambiente di coltivazione e dell’organizzazione aziendale.
L’irrigazione, intervento indispensabile per raggiungere gli obiettivi produttivi desiderati, deve essere effettuata facendo riferimento alla fisiologia della pianta. Per tale ragione, nell’intervallo fenologico tra germogliamento e allegagione è importante evitare stress idrici, mentre nell’intervallo tra allegagione e invaiatura è bene evitare eccessi di disponibilità idrica. Per quanto riguarda invece l’intervallo tra invaiatura e raccolta, un lieve stress idrico può migliorare la maturazione, anche precocizzandola.
In merito ai volumi irrigui erogati nel corso di una stagione, questi oscillano dai 2.000 ai 4.500 metri cubi, in funzione dell’ambiente e dell’obiettivo produttivo. Il metodo di distribuzione dell’acqua cui si ricorre sempre più spesso è quello che prevede l’uso di ali gocciolanti al terreno. Potenzialmente interessante risulta la sub-irrigazione che consente di risparmiare il 15-20% di acqua, ma necessita ancora di significativi progressi tecnici circa le caratteristiche dei gocciolatoi e dei sistemi di filtraggio. Altrettanto interessante è inoltre la possibilità di disporre di impianti di irrigazione con funzione climatizzante.
Infine, le concimazioni devono tenere conto delle reali esigenze della vite, in termini di quantità, asportazioni da parte delle piante e fasi fenologiche. L’efficienza degli interventi è oggi molto più facilmente raggiungibile grazie a fertirrigazione e concimazioni fogliari. A riguardo, sempre maggior interesse e utilizzo trovano i prodotti identificati nella categoria dei biostimolanti, grazie alla loro capacità di stimolare le vie metaboliche e di migliorare l’efficienza, la resilienza e la resistenza agli stress biotici e abiotici.
Gestione fitosanitaria e DSS
Per ottenere un prodotto sano, alla base delle operazioni di produzione c’è una buona difesa fitosanitaria.
Ogni regione, tramite il proprio osservatorio fitosanitario regionale, emana annualmente un disciplinare di produzione integrata, all’interno del quale sono riportate tutte le pratiche ammesse, volte a ridurre l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione. In particolare, nella sezione delle norme ecosostenibili, sono riportate per ogni fitopatia le sostanze attive e le relative limitazioni d’uso, con l’obiettivo di garantire un utilizzo coscienzioso.
Alle norme previste a livello nazionale e regionale, si aggiungono le specifiche di prodotto imposte da mercati e supermercati, i quali non richiedono solo uva buona da mangiare e bella esteticamente, ma anche con un limitato numero di principi attivi residui, più basso rispetto a quello previsto dalla legge. Aspetto particolarmente ostico per i viticoltori che, nelle annate più controverse, piovose e umide, da un lato devono proteggere il prodotto con trattamenti, dall’altro devono tuttavia rispettare i limiti sempre più stringenti circa il numero di residui.
In questo contesto, allora, per le aziende agricole un supporto fondamentale è offerto dai sistemi di supporto alle decisioni (DSS), strumenti in grado di acquisire dati, elaborarli e fornire informazioni in maniera tempestiva. Tra i DSS oggi più presenti ci sono i sistemi previsionali delle malattie. Mediante modelli previsionali, questi sistemi informatici sono in grado di mettere in relazione dati meteo, ciclo biologico del patogeno di interesse e fase fenologica della pianta, per poi elaborarli e rilasciare informazioni utili a definire le strategie da adottare in campo.
In conclusione, è tuttavia indispensabile ricordare che i DSS non intendono sostituire la figura dell’agricoltore o del tecnico di campo, ma possono costituire un valido supporto alla continua attività di monitoraggio finalizzata a realizzare produzioni di qualità, integrate e sostenibili.
A cura di: Lorenzo Pellegrino e Rosario Di Lorenzo
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