Come rimanere competitivi: l’esperienza di Franchini Farm

da Redazione uvadatavola.com

Prezzi, varietà, tecniche agronomiche, commercializzazione… questi sono stati gli argomenti affrontati nell’intervista con Stefano Franchini della Franchni Farm. 

L’azienda pugliese oltre che da Stefano, è gestita a 6 mani anche dal padre Vito, ed il fratello Giuseppe. L’azienda Franchini Farm si sviluppa nel Sud-Est Barese su 110 ettari, negli areali di Torre a Mare e Mola di Bari per le varietà precoci; Rutigliano, Conversano, Sammichele e Turi per le uve tardive. La produzione è concentrata quasi totalmente sulle varietà seedless, anche se, come spiega Stefano: “Abbiamo deciso di tenere 5 ettari ad uva Vittoria, quasi in maniera simbolica, perché la storia dell’azienda è cominciata da lì. Anche per questa varietà ci impegniamo per ottenere un’uva di qualità extra, perché è quella che riscuote successo sul mercato”.

 

Non dobbiamo temere l’uva straniera, ma lavorare per ottenere produzioni di qualità extra anche con cultivar tradizionali.

 

 

Secondo la vostra esperienza è redditizia anche una varietà storica legata al territorio come la Vittoria?
Se si lavora per ottenere un calibro importante, sui 24-25 mm, anche la Vittoria si può vendere ad un prezzo interessante: noi ad esempio abbiamo avuto ottimi riscontri anche quest’anno. 

 

La vostra azienda, dunque, non ha avuto problemi a collocare il prodotto?
La dinamica è quella che vede su un fronte la GDO, molto esigente, sull’altro il produttore, che ha solo fretta di vendere, e finisce spesso per temere il peggio diventando pessimista. A mio avviso quello che manca oggi ai produttori è proprio una ventata di ottimismo. Vorrei riportare la mia esperienza: in questo periodo stiamo vendendo benissimo sui mercati generali. I prezzi che registriamo sono 1,60 – 2,00 euro per la cv. Vittoria di qualità extra; se parliamo di seconda categoria, invece, siamo attorno a 1,10 – 1,30 euro. Parlo di prezzo al kg e a mio avviso è ottimo. Infatti in campagna si sta vendendo a circa 0,90 euro. Ad inizio stagione effettivamente si respirava un po’ di indecisione, i prezzi non erano eccellenti, ma perché si è cominciato a tagliare uve che non erano mature al punto giusto. 

Si può dire che per voi la stagione agraria procede positivamente…
Per la nostra azienda le seedless precoci sono andate molto bene, anche perché i volumi quest’anno sono stati al di sotto della media. In quel periodo si è parlato molto dell’uva egiziana venduta a poco prezzo. A mio avviso noi italiani non dovremmo avere paura della concorrenza, perché la qualità della nostra uva è davvero superiore e il consumatore se ne accorge. La mia azienda produce uve senza semi da quasi vent’anni perché, interfacciandosi continuamente con la parte commerciale, ci era chiaro che il mercato virava sempre più sul prodotto apirene. Molti produttori, all’epoca, deridevano mio padre, ora tutti cercano di convertire la produzione con le nuove varietà. Se ci fosse stata più disponibilità di seedless in questo momento la cv Vittoria sarebbe rimasta invenduta, la fortuna per i produttori di Vittoria è stata la bassa produzione delle primizie, ed in particolare delle senza semi precoci che registrano un – 20% di volumi. Per le tardive è noto che l’uva Italia ha problemi di commercializzazione già da diversi anni.

 

La vostra, dunque, è un’azienda agricola che ha un filo diretto con la GDO e la parte commerciale?
Mentre prima c’erano gli accaparramenti, ora la GDO ha una rete di agronomi sul territorio che hanno consapevolezza della qualità delle produzioni e si occupano di controllare la filiera. Noi, ad esempio, siamo seguiti dall’agronomo Giovanni Lagioia, che si occupa della difesa, controlla °Brix e qualità, volumi e altri dati che vengono poi comunicati alla GDO. Pertanto la grande distribuzione conosce quasi in tempo reale i quantitativi pronti al taglio e compie delle scelte, optando solo per la merce già pronta per la vendita. Ad inizio campagna ci si rendeva conto che il prodotto sulle piante non era ancora al top. Fino a pochi giorni fa l’uva pronta al taglio era davvero poca, perciò si diceva che c’erano dei problemi di collocazione. Dal 20 luglio in poi, però, si è sbloccato tutto. La cv Vittoria ha raggiunto la perfezione e ad oggi i volumi di uve senza semi precoci sono quasi terminati. Quando circolavano notizie allarmanti sull’importazione del prodotto egiziano noi italiani eravamo in un momento in cui non avevamo merce nostrana pronta da immettere sul mercato. I volumi, come detto in precedenza, erano inferiori di un 20% e la GDO se non ha un adeguato quantitativo tale da garantire continuità delle vendite, non lancia il prodotto sul mercato. Dall’8 luglio siamo entrati nel pieno della raccolta per le senza semi e i vigneti italiani avevano tutta la forza di garantire continuità alla grande distribuzione. Ad oggi in azienda stiamo tagliando volumi pari a 180 quintali di prodotto al giorno. Noi lavoriamo in continuità con la GDO da 4-5 anni. Consultiamo esperti che ci indicano come ottenere un ottimo prodotto con bassissimi residui. Servirebbe più comunicazione tra il settore produttivo e quello commerciale.

 

Produrre uve senza semi ha comportato anche la modifica di alcune tecniche produttive?
Sì, le senza semi sono un mondo a parte: dalla potatura, alla nutrizione, fino all’irrigazione. Nonostante questo ci siamo resi conto che produrre varietà seedless è meno costoso. Pertanto anche nelle annate “disastrose”, avendo costi di produzione più bassi, non accusiamo il colpo così tanto come i produttori di varietà più tradizionali. 

 

Quando si parla quindi di “cambiamento varietale”, di fatto cambiare varietà è solo il primo passo perché è l’approccio dell’imprenditore agricolo che deve cambiare.
Come senza semi abbiamo oltre 60 ettari di uva Regal, un’uva non brevettata che, ne siamo convinti, se condotta correttamente può dare ottimi risultati. Siamo riusciti a tagliare sui costi della manodopera, dei trattamenti e delle royalty, inoltre riusciamo a tenere l’uva in vigneto anche fino a novembre senza fare ricorso a celle frigorifere. Il produttore che decide di convertire la produzione con le seedless dovrebbe considerare tante variabili. Io consiglio di valutare tutte queste variabili e di guardare fiduciosi al settore, perché produrre uva da tavola è ancora remunerativo per i produttori lavorano con la testa.

 

Autore: Teresa Manuzzi
@uvadatavola.com

 

 

Articoli Correlati