Storia, sesti d’impianto, varietà, mercato e tanto altro. A parlare dell’evoluzione della viticoltura da tavola in Egitto i tecnici Nezar Essam, Sherif Hassan e Oscar Salgado.
Questa volta per raggiungere il Paese protagonista della rubrica “Grape World Tour” basterà spingersi un po’ più verso Sud-Est. “Visiteremo”, infatti, i vigneti di uno dei Paesi produttori di uva posto dall’altro lato del Mar Mediterraneo: l’Egitto. A ritrarre il comparto egiziano dell’uva tavola Nezar Essam, agronomo e direttore dell’ufficio di rappresentanza commerciale di Nutritec (azienda agrochimica spagnola) e Sherif Hassan, agronomo esperto in uva da tavola. Nel testo ci saranno anche “incursioni” da parte di Oscar Salgado, agronomo cileno con grande esperienza nella coltivazione della vite da tavola in diversi Paesi del globo.
Cominciamo con un po’ di storia. Da quanto tempo si coltiva uva da tavola in Egitto e quali sistemi di allevamento si adoperano?
“L’Egitto coltiva uva da tavola da molto tempo – comincia Nezar Essam – e ha sempre prodotto varietà autoctone con e senza semi. Anticamente le piante venivano condotte con sistemi di allevamento basilari. Alcune varietà erano allevate addirittura senza alcun sistema di supporto. Ancora oggi è possibile trovare questa conduzione nella zona in cui era particolarmente diffusa in passato, ovvero negli areali del Delta e della valle del Nilo, fino all’Alto Egitto. L’introduzione delle varietà più moderne e di nuova costituzione è avvenuta solo agli inizi degli anni ‘90 del 1900. Ciò ha portato anche alla diffusione di nuove forme di allevamento: a T, a Y e il famoso parrón español ( quello che in Italia viene chiamato “pergola” n.d.g)”.
“A quel tempo il rinnovo varietale e dei sistemi di allevamento – aggiunge Sherif Hassan – era finalizzato a dare un nuovo impulso alla viticoltura da tavola egiziana.
Il Paese nordafricano doveva prepararsi ad esportare grandi quantità di uva sui mercati europei. Perciò negli anni ‘90 sono state introdotte per lo più cultivar senza semi come Flame Seedless e Superior Seedless® Sugraone. Queste due cultivar hanno contribuito a far sorgere nuovi impianti, soprattutto nelle aree egiziane più desertiche, nella zona a Nord-Est del Paese. Ciò è avvenuto soprattutto in prossimità della strada che unisce la capitale egiziana, Il Cairo, con la città di Alessandria d’Egitto. Ad oggi il sesto d’impianto più popolare in Egitto è 2×3 m. Esso consente di piantare 1660 viti per ettaro, mentre il parrón español (la conduzione a pergola) è diventato il sistema di allevamento più diffuso, anche perché facilita le operazioni colturali svolte in campo dagli operai”.
“L’introduzione del parrón español – puntualizza Oscar Salgado – è avvenuta grazie ai tecnici cileni. Difatti sono stati loro ad introdurre nel Paese nordafricano anche le coperture per i vigneti con film plastici, che consistevano in una sorta di tubo verde. Tutto ciò ha avuto un impatto importante per il business egiziano dell’uva da tavola”.
A proposito delle coperture: i viticoltori egiziani sono soliti coprire i vigneti?
“A favorire la coltivazione della vite da tavola in Egitto – spiega Nezar Essam – è stata la possibilità di proporre il prodotto in una finestra di mercato particolarmente ghiotta per le esportazioni delle varietà precoci. La raccolta, infatti, solitamente inizia nell’ultima settimana di maggio e finisce nella prima settimana di luglio. L’obiettivo della precocità ha favorito la copertura dei vigneti di varietà precoci proprio per anticipare la raccolta. In un vigneto coperto per l’anticipo, infatti, si può raccogliere l’uva già a partire dalla seconda settimana di maggio e questo consente alla campagna commerciale di poter partire con due settimane di anticipo rispetto alla norma. Ritengo opportuno sottolineare che grazie all’uso dei film plastici non solo è possibile anticipare la raccolta, ma anche e soprattutto aumentare la qualità del frutto”.
Quali cultivar di uva si producono in Egitto e quali sono le caratteristiche climatiche degli areali vocati a questa coltura?
“Come anticipato – prende la parola Sherif Hassan – quella che potremmo definire “coltivazione industriale” dell’uva da tavola si è sviluppata in Egitto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso. Essa si è diffusa negli areali più precoci come al-Minya, nel centro del Paese, a Sud di Il Cairo. Anticipare il più possibile la raccolta è diventato uno degli obiettivi principali per il comparto e ciò ha favorito l’introduzione di diverse varietà precoci di uva a bacca bianca come Superior Seedless®, Early Sweet® e Prime Seedless. Con il tempo ci si è resi conto che le varietà tardive di uva a bacca bianca non erano molto competitive dal punto di vista dell’export e ciò ha decretato in Egitto l’insuccesso di cultivar come Thompson Seedless. Contestualmente, negli areali produttivi egiziani hanno fatto ingresso cultivar tardive di uva a bacca rossa apirene come Crimson Seedless e con semi come Red Globe”.
“L’introduzione di cultivar precoci come Early Sweet® e Prime Seedless – specifica Oscar Salgado – ha contribuito a dare un importante impulso al comparto viticolo egiziano. Attualmente in Egitto si coltivano le varietà ottenute dai più importanti programmi internazionali di miglioramento genetico come: Sun World, SNFL Group, ARRA, IFG e Grape Evolution. Inoltre, nel Paese ci sono anche impianti di varietà frutto del programma di breeding cileno INIA-Biofrutales”.
“Nel 2022 – prosegue Nezar Essam – l’Egitto contava oltre 100mila ettari coltivati con uva da tavola negli areali più vocati a questa coltura, che sono principalmente tre:
- le fasce lungo la strada che attraversa il deserto e che unisce Il Cairo con Alessandria d’Egitto;
- al-Minya, nel centro del Paese;
- alcune zone nel Nord-Est de Il Cairo.
Quali volumi e mercati raggiunge l’uva da tavola egiziana?
“Annualmente – commenta Nezar Essam – le esportazioni di uva da tavola egiziana si attestano, complessivamente, intorno alle 150mila tonnellate. La produzione media in campo si aggira intorno alle 15-20 tonnellate di uva per ettaro. Ovviamente la produttività per ettaro varia anche molto a seconda delle condizioni climatiche”.
“I principali mercati di riferimento per l’uva egiziana – spiega Sherif Hassan – sono l’Unione Europea e il Regno Unito. Tuttavia, negli ultimi anni l’Asia è diventata molto importante e di stagione in stagione si sta affermando sempre più come nuovo mercato di sbocco per l’Egitto. I prezzi all’esportazione variano a seconda della data di raccolta e di innumerevoli altri fattori. Nel 2022, ad esempio, i prezzi riconosciuti ai produttori non sono stati in grado di soddisfare gli sforzi in campo. Ciò è dipeso da un’eccessiva produzione e dall’epoca di raccolta, avvenuta in un periodo più tardivo rispetto al solito. Quella del 2022 è stata decisamente una pessima stagione per i viticoltori egiziani”.
Quali sono i problemi più frequenti in campo?
“La fertilità è indubbiamente uno dei problemi più complessi da gestire nei vigneti egiziani. La causa di ciò è da rintracciare nelle temperature invernali troppo alte che si registrano alle nostre latitudini” confessa Nezar Essam.
“L’accumulo di poche ore di freddo durante l’inverno – precisa anche Oscar Salgado – non favorisce la naturale interruzione della dormienza della vite da tavola”.
In Egitto esiste un’associazione che riunisce e rappresenta i produttori di uva da tavola?
“Nel 1996 – riferisce Nezar Essam – è stata istituita l’associazione HEIA (Horticultural Export Improvement Association) per aiutare i coltivatori e gli esportatori a potenziare gli aspetti tecnici in viticoltura da tavola. L’obiettivo era anche quello di rispondere alle esigenze dei principali mercati d’esportazione e per fare ciò l’HEIA ha invitato in Egitto tecnici da tutto il mondo, esperti in questa coltura. Proprio grazie ad azioni come questa l’Egitto è riuscito a importare nuovi materiali vegetali. Inoltre coltivatori ed esportatori sono stati in grado di ottenere certificazioni e requisiti di qualità, fondamentali per ampliare i mercati su cui vendere il prodotto”.
“Ricordo – aggiunge Oscar Salgado – che prima della costituzione dell’HEIA è stato anche attivato il progetto ATUT (Agricultural Technology Utilization and Transfer) finanziato dal programma statunitense USAID (United State Agency for International Development) e che si avvaleva anche della collaborazione con il Ministero egiziano dell’Agricoltura e della Bonifica. ATUT ha gettato le fondamenta per il moderno comparto dell’uva da tavola egiziana”.
Spostiamo ora lo sguardo sulla questione manodopera. Anche per l’Egitto è un problema rintracciare operai agricoli qualificati?
“La carenza di manodopera qualificata è uno dei problemi più gravi – chiarisce Sherif Hassan – che i produttori egiziani di uva da tavola sono chiamati a risolvere in questi anni. Ciò si aggiunge all’aumento dei costi di produzione causati dalla grande inflazione registrata in Egitto prima nel 2016 e poi nel 2022. Nel febbraio 2022, ad esempio, 1 euro equivaleva a 18 Sterline Egiziane (EGP). Oggi invece 1 euro equivale a 33 EGP. Si deve, inoltre, tenere presente che molti mezzi tecnici, necessari alla produzione dell’uva da tavola, sono importati. Parlo dei prodotti fitosanitari, della maggior parte dei fertilizzanti, dei materiali per l’imballaggio e della plastica. Materia prima, quest’ultima, necessaria per realizzare le coperture dei vigneti. Il prezzo di tutto ciò è influenzato direttamente dal tasso di cambio”.
“L’uva da tavola – conclude Nezar Essam – richiede un elevatissimo impiego di manodopera. Certo, i coltivatori sono sempre alla ricerca di tecnologie innovative da adoperare in campo; al momento, però, possono contare solo su nuove tecnologie di irrorazione e fertirrigazione. Aumentare il tasso di meccanizzazione delle operazioni colturali aiuterebbe sicuramente a ridurre il fabbisogno di manodopera”.
Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com