Per il secondo appuntamento del 2023 di “In campo con l’agronomo”, abbiamo deciso di parlare delle coperture con film plastici utilizzati in viticoltura da tavola per la protezione delle piante, focalizzando l’attenzione sulla difesa antiperonosporica.
Al fine di approfondire questo tema ci siamo recati nell’azienda agricola Giuliano che, in agro di Rutigliano (BA), produce uva da tavola della varietà Italia. Qui, abbiamo intervistato l’agronomo di “Agriproject Group” Tonio Romito.
Come si è evoluta negli anni la copertura?
Per quanto riguarda l’uso dei film plastici in viticoltura da tavola c’è stato un momento che ha segnato un cambiamento sostanziale ed è stato nel 2007. Dopo due anni piuttosto difficili dal punto di vista climatico – il 2004 e il 2006 – nel 2007 è emersa la necessità di ricorrere alle coperture plastiche, indipendentemente dall’epoca di raccolta della varietà. A seguito dell’insorgenza di particolari esigenze commerciali, infatti, si è reso necessario iniziare a coprire già dal germogliamento anche varietà come l’Italia. Negli anni questa necessità si è andata affermando sempre più, anche e soprattutto negli ultimi anni con l’introduzione di nuove varietà apirene provenienti da zone climatiche diverse dalle nostre. Questo, quindi, ha comportato almeno per la Puglia, a differenza della Sicilia, una diffusione dei film plastici per la copertura dei vigneti.
Considerata la tendenza ad anticipare sempre più l’apertura dei film plastici, cosa è cambiato e perché?
Tenendo conto che, ad oggi, nella maggior parte dei casi i film plastici vengono aperti già dal germogliamento e per tutto il ciclo vegetativo della pianta, è necessario limitare gli inconvenienti dati dal telo e dovuti perlopiù alle elevate temperature e alla minore luminosità. A tal proposito, si è proceduti cercando di migliorare le condizioni all’interno del vigneto allontanando il telo dalla vegetazione. Facendo riferimento alle nuove varietà, che generalmente presentano un vigore maggiore, quindi, si è proceduti a rivedere anche i sesti di impianto. E, per questo motivo, la tendenza è stata aumentare il sesto d’impianto per avere più spazio tra i teli e consentire un miglior arieggiamento.
Come viene attuata, quindi, la strategia di difesa antiperonosporica?
Per i vigneti coperti con film plastici non è corretto parlare di strategia antiperonosporica. Normalmente, in queste condizioni la vegetazione non si bagna, per cui non ha senso parlare di strategia. Solo in situazioni particolari, in cui la vegetazione si bagna perché c’è molto spazio tra i due teli, è opportuno prestare molta attenzione al controllo di Plasmopora viticola. Questa, dunque, non è una strategia ma una condizione che va valutata caso per caso dal viticoltore insieme al tecnico.
Ci sono quindi dei vantaggi correlati alla copertura per la difesa antiperonosporica?
I vantaggi ci sono, sono riconducibili alle ragioni elencate precedentemente e fanno riferimento al fatto che il rischio peronospora sotto i teli è molto basso. A conferma di ciò, infatti, disporre di film plastici per coprire le viti ad uva da tavola ha consentito nel tempo non solo di produrre in regime di agricoltura biologica, ma anche di ridurre il numero di residui in caso di produzioni in regime di agricoltura integrata.
Quali sono le previsioni per il futuro?
Sicuramente, l’uso dei film plastici continuerà ad essere di grande aiuto per la gestione delle colture sia da un punto di vista generale che per quanto riguarda la peronospora. All’uso delle coperture si aggiungerà sempre il supporto dei sistemi decisionali, che consentono di modulare in maniera adeguata e appropriata le scelte di difesa fitosanitaria. Tuttavia, credo che il cambio sostanziale – legato alle indicazioni che giungono da parte della Comunità Europea circa la crescente attenzione all’uso di prodotti fitosanitari – avverrà con la ricerca e scoperta di nuovi incroci, che consentiranno di mettere a punto varietà tolleranti alle principali patologie fungine. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non troppo lontano se consideriamo che alcune società di breeding come SNFL e ITUM stanno già lavorando in questa direzione.
Silvia Seripierri
©uvadatavola.com