L’uso delle cover crop in viticoltura è sempre più diffuso proprio per quelli che sono i vantaggi che ne derivano. La possibilità di mitigare alcune conseguenze delle anomalie climatiche e di incrementare la sostenibilità del vigneto sono aspetti fondamentali di tale pratica.
Nonostante le cover crop siano colture di copertura non produttive e non da reddito, non si può pensare di seminare queste essenze e non preoccuparsi della loro gestione.
Dal momento in cui si semina una coltura di copertura in vigneto, infatti, le attenzioni del produttore e dell’agronomo devono necessariamente essere rivolte a due colture, la vite e l’essenza seminata. La semina e la gestione delle cover crop sono solo alcuni dei numerosi fattori che è necessario considerare quando si intende realizzare una copertura.
A riguardo, dunque, riportiamo dei concetti rilasciati dal dott. Luigi Tarricone che, in occasione di una delle due giornate formative organizzate da ARPTRA, ha parlato di lavorazioni, pacciamatura e inerbimenti del vigneto. A fornire una panoramica sulla gestione sostenibile del suolo sono intervenuti anche il dott. Edoardo Costantini, presidente IUSS (International Union of Soil Sciences), il prof. Stefano Benvenuti dell’Università degli Studi di Pisa e il dott. Michele Rinaldi del CREA Cerealicoltura e Colture Industriali di Foggia (FG).
La gestione sostenibile del suolo in viticoltura, come sottolineato dal dott. Tarricone, passa attraverso le lavorazioni, la pacciamatura e l’inerbimento.
Ciascuna operazione, caratterizzata da vantaggi e svantaggi, è dunque stata oggetto di discussione e analisi nel corso della giornata formativa del 13 aprile. Così come per le lavorazioni si è parlato dei vantaggi della non lavorazione, che consente un più agevole ingresso in vigneto dopo eventi piovosi importanti, si è parlato anche dei vantaggi e svantaggi della pacciamatura. Come rilevato in occasione di una serie di esperienze condotte durante le attività di ricerca, la pacciamatura del suolo produce effetti positivi anche sulla quantità di acqua contenuta nel suolo. La copertura del suolo con film pacciamanti, infatti, consente di preservare la risorsa idrica. Per quanto riguarda l’inerbimento, invece, si è fatto riferimento anche a quali caratteristiche è importante valutare nel momento in cui si scelgono le essenze, ovvero la manutenzione richiesta dalle colture, la loro resistenza al calpestamento e la capacità di mantenere un certo equilibrio con l’ambiente pedoclimatico.
Sebbene dagli studi sia emerso che le produzioni dei primi anni di un vigneto inerbito tendono a essere inferiori, queste tendono a riequilibrarsi man mano che si va avanti nel tempo. A trarre grande vantaggio dall’inerbimento, inoltre, sembrerebbe essere la qualità delle uve e l’agricoltore che può più facilmente controllare la presenza di parassiti come Frankliniella occidentalis.
A conferma dell’utilità e dei vantaggi apportati dagli inerbimenti nei vigneti a conduzione biologica, poi, il dott. Tarricone ha riportato i risultati di studi condotti su uva da tavola della varietà Midnight Beauty® condotta in regime di agricoltura biologica.
A fine sperimentazione si è visto che i grappoli delle tesi inerbite avevano acini più grandi. Con l’uso di cover crop in viticoltura biologica, regime di produzione che non ammette l’uso di fitoregolatori, quindi, è stato possibile incrementare la dimensione delle bacche e i loro aspetti qualitativi. A beneficiare degli effetti positivi, poi, è stata anche la varietà Autumn Pearl per la quale l’inerbimento ha consentito di ridurre il vigore e riequilibrare così lo sviluppo delle piante.
In ultimo, poi, le conseguenze dell’inerbimento sono state valutate anche sull’uva della varietà Sophia, per la quale gli acini dei grappoli di vigneti inerbiti mostravano dei valori di °Brix più alti.
A prescindere dalle scelte che ogni agricoltore fa per il proprio vigneto, quindi, è fondamentale mantenere in equilibrio l‘agroecosistema del vigneto e, qualora si decida di non ricorrere all’inerbimento, è importante che ci siano e che siano ben gestite le essenze spontanee.
Silvia Seripierri
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