CUT: tra progettualità e aggregazione

A tre anni dalla sua costituzione, Massimiliano del Core e Lorenzo Diomede tracciano un primo bilancio delle attività svolte dalla Commissione Italiana Uva da Tavola

da uvadatavoladmin
CUT

L’aggregazione è oggi sempre più al centro di dibattiti e confronti, perché consente di raggiungere obiettivi e risultati cui il singolo difficilmente può ambire. In questo senso un esempio è rappresentato in Puglia dalla Commissione Italiana Uva da Tavola, che abbiamo raccontato nel terzo numero del magazine con Massimiliano del Core e Lorenzo Diomede, rispettivamente Presidente e Project Manager della CUT.

La parola “aggregazione” è oggi tirata in causa in diverse circostanze, che interessano il comparto dell’uva da tavola, poiché si intravede in questo concetto la possibilità di risollevare il comparto da un periodo di crisi profonda. A tal fine, quindi, nel corso degli ultimi anni sono nate delle realtà di aggregazione, tra le quali vi è la Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT), che oggi può riportare i primi risultati della sua attività. A questi si aggiungono le strategie che la CUT intende adoperare per il raggiungimento di nuovi e ulteriori obiettivi.

I risultati raggiunti dalla CUT

La Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT) è nata nel 2020 e oggi, a distanza di soli 3 anni dalla sua costituzione – anni caratterizzati da pandemia, guerra, crisi energetica e inflazione a due cifre – è doveroso fare un bilancio delle attività svolte e dei risultati raggiunti. Prima di arrivare a parlare di questo, però, è bene ricordare l’idea di fondo da cui ha avuto inizio il progetto CUT. L’idea di base della Commissione era quella di costituire un soggetto che potesse rappresentare in modo congiunto e organico tutte le realtà del comparto dell’uva da tavola, interpretandone le esigenze e supportandolo con servizi concreti.

Lorenzo Diomede, Project manager della Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT)

Lorenzo Diomede, Project manager della Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT)

A fronte dei recenti risultati, dunque, è possibile affermare che si sta riuscendo in questo intento.

Soprattutto nell’arco dell’ultimo anno, grazie al lavoro svolto dal Project manager Lorenzo Diomede, la CUT ha focalizzato attenzione ed energie per diventare un riferimento istituzionale per il comparto nazionale dell’uva da tavola. Questo è stato possibile attraverso l’attuazione di iniziative concrete volte a migliorare il posizionamento della filiera con una pianificazione strategica delle attività e a fornire al territorio benefici diffusi di carattere strutturale, come la maggiore conoscenza dei dati e consapevolezza di quello che siamo e di quanto valiamo. Questa attività si è svolta su alcuni assi principali, che è possibile sintetizzare nei seguenti quattro punti.

  1. Catasto delle produzioni – Sappiamo cosa produciamo? 

La raccolta di dati e la conseguente estrapolazione di informazioni attendibili, ad alto valore aggiunto sul fronte della produzione e del consumo, è uno dei punti fondanti del nostro lavoro. Senza avere un’idea chiara di chi siamo, cosa abbiamo e come è distribuito, non si può fare la programmazione di cui il comparto ha bisogno. A riguardo, quindi, la CUT è partita dalla raccolta dei dati sulla produzione, per cui è oggi possibile disporre del primo catasto varietale dell’uva da tavola. Grazie al lavoro di collaborazione con il CSO Italy e con la quasi totalità delle organizzazioni di produttori (OP) che lavorano l’uva da tavola in Italia, sono stati censiti su tutto il territorio italiano più di 10mila ettari, che rappresentano circa il 20% del totale. Questo lavoro è stato possibile grazie alle aziende socie e non, che hanno riposto fiducia nella CUT e che hanno avuto coraggio nell’avviare e sostenere un processo che nessuno prima era riuscito a compiere. I dati ottenuti sono da considerarsi estremamente rappresentativi. Questi sono attualmente oggetto di studio e saranno presto presentati ai soci della CUT e a coloro che hanno contribuito a questo lavoro.

  1. Apertura di nuovi mercati 

La CUT ha lavorato molto per il posizionamento nazionale e internazionale dell’uva da tavola, avviando confronti con i competitor e con l’attività svolta in altri settori. Il mercato europeo è saturo e quindi, di comune accordo con il CSO Italy, ci si è attivati per la riapertura di alcuni dossier per l’esportazione di uva da tavola in Paesi esteri. Brasile, Sudafrica e Thailandia sono stati i primi tre dossier oggetto di attenzione e, in particolare per la Thailandia, si prevede che gli ispettori arriveranno già nel corso di quest’anno.

  1. Progetti di aggregazione

Il prossimo obiettivo della CUT è il riconoscimento e la costituzione ufficiale del Distretto Agroalimentare di qualità dell’Uva da Tavola, costituito a ottobre 2022, al fine di poter contare su uno strumento per la realizzazione di attività trasversali ed essenziali per la filiera, come l’azione istituzionale, la promozione, la ricerca e l’innovazione. Al momento si tratta di una realtà che interessa solo la Puglia, ma l’intento è di allargare l’esperienza anche alle altre regioni a vocazione viticola.

  1. Informazione, conoscenza e formazione

Diversi sono stati gli appuntamenti di confronto e approfondimento organizzati e in programma per discutere delle tematiche attuali e delle prospettive sull’uva da tavola. Crescenti sono poi la partecipazione e il coinvolgimento in occasione di questi eventi, il cui fine ultimo è sviluppare una coscienza critica del comparto. Obiettivo del progetto CUT, infatti, è divenire un interlocutore credibile e affidabile, capace di interpretare le esigenze del settore e di supportare le aziende, creando i presupposti per raggiungere risultati che diversamente e da soli non sarebbe possibile perseguire

Quali sono i prossimi obiettivi della Commissione?

Finora sono state gettate le basi di quello che vuole essere un lavoro più profondo, più ampio e più ambizioso. Un primo importante passaggio è stato l’allargamento della base sociale della Commissione, affinché si possa dare seguito al cammino intrapreso. La CUT non vuole essere un progetto di pochi o di alcuni eletti, ma lo spazio e il luogo di tutto il comparto nazionale, e questa strada la si sta perseguendo in modo sistematico e organizzato. A tal proposito, grazie alla disponibilità e alla lungimiranza dell’Associazione Produttori di Sicilia, la CUT è prossima ad avere una rappresentanza ancora più forte di imprenditori agricoli e commerciali siciliani. Nel frattempo, dal punto di vista dell’operatività progettuale, ci stiamo concentrando sull’avvio di un sistema di monitoraggio dei prezzi al consumo e sulla successiva implementazione di azioni promozionali del prodotto e dei territori.

In programma, poi, è anche la collaborazione per l’organizzazione e la realizzazione della edizione 2023 del Premio BellaVigna, al fine di fornire all’iniziativa un’ampiezza territoriale e un taglio attento all’intera filiera.

Qual è l’approccio della CUT rispetto ai principali problemi della viticoltura da tavola sul territorio?

La CUT non dispone degli strumenti e non ricopre il ruolo per risolvere i problemi nel breve periodo, perché non è un sindacato o un’associazione di categoria, né intende esserlo. Quello della Commissione è un approccio strutturale, che intende fornire gli elementi con cui le aziende possono riformulare i modelli di produzione, organizzazione, acquisto e vendita all’interno della filiera, superando meglio le difficoltà. Ogni criticità non dipende solo da un fattore, ma da una serie congiunta di fenomeni. Ciascuna azienda, da sola, può gestirne un numero limitato o non avere affatto la possibilità di intervenire. Per questo motivo, dunque, un’organizzazione strutturata come la CUT può puntare a supportare le imprese nella programmazione e farsi carico delle istanze avanzate dalle aziende. Un  tema sicuramente importante, per esempio, è l’instaurazione da parte del settore di un rapporto di confronto e scambio con i breeders internazionali circa i numeri delle produzioni, la programmazione varietale e l’opportunità win-win, affinchè l’innovazione sia recepita dal territorio in maniera coordinata, consapevole, trasparente e virtuosa, nell’ambito di accordi di licensing chiari e sostenibili per le aziende.

Quale strategia sarebbe meglio adottare in campo per gestire la competizione con gli altri produttori del bacino Mediterraneo, quali Spagna, Grecia, Egitto, Tunisia e Turchia?

La qualità è il primo elemento su cui lavorare per recuperare competitività rispetto agli altri areali produttivi. Tuttavia questa non è sufficiente, perché ci vuole distintività. La richiesta del made in Italy, anche per i prodotti ortofrutticoli freschi e quindi anche per l’uva da tavola, è un’opportunità da cogliere con attenzione e impegno. A riguardo, infatti, non è mai stato fatto un piano strategico di comunicazione. È da questo, quindi, che la CUT intende partire per far sì che il consumatore – ancor prima di entrare in un punto vendita – si sia già deciso a voler acquistare uva da tavola italiana. In questo senso la promozione acquista valore ed è questo l’obiettivo a cui oggi, più che mai, è necessario mirare, senza se e senza ma.

 

A cura di: Massimiliano del Core e Lorenzo Diomede
© uvadatavola.com

 

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