Il settore ortofrutticolo presenta particolari esigenze per la deperibilità e la fragilità dei prodotti. Da un’analisi del settore si nota che gli imballaggi utilizzati per il trasporto, dal campo al centro di smistamento, sono per il 75% bin in plastica a rendere, per il 20% bin in legno e per il restante 5% cassette di plastica o legno, per i prodotti più delicati che non devono affrontare percorsi lunghi.
L’impiego di polimeri plastici di sintesi, variamente composti e combinati anche con altri materiali, è in progressivo aumento nel confezionamento di prodotti freschi, con un sempre maggiore interesse verso l’uso di sostenze di origine naturale per un minore impatto sull’ambiente.
In forte espansione è il cosiddetto “bio-packaging”, che si basa sulla combinazione di materiali sintetici con sostanze naturali. Tali polimeri, combinati con materiale di origine biologica, sono considerati biorinnovabili. Di particolare interesse risultano il PLA (acido poli-lattico), un biopolimero ottenuto con amido di mais biodegradabile e compostabile al 100% che non resiste a temperature superiori a 55°C; la polpa di cellulosa, ricavata dalle fibre residue della lavorazione di alcune piante, in particolare bamboo e canna da zucchero, adatta a contenere anche cibi liquidi e resistente al calore; il Mater-Bi, bioplastica creata con amido di mais, grano e patata totalmente biodegradabile e compostabile.
Gli imballaggi bio-funzionali incorporano enzimi immobilizzati chimicamente a resine sintetiche in microcapsule o, in alternativa, impiegano lacche e vernici contenenti sostanze naturali attive da applicare in superficie.
Infine, esistono anche gli imballaggi “Active and Smart”, in grado di rilasciare sostanze antimicrobiche, denominati perciò anche imballaggi attivi ed intelligenti.
Fonte: Terra e Vita / italiaimballaggio.packmedia.net