Formula “club”: protesta dei produttori sull’obbligo di conferimento

da Redazione uvadatavola.com

I produttori di uva da tavola pugliesi sono in agitazione. Il tema è quello delle varietà senza semi coperte da brevetto.

Ma il problema non sta nelle royalties da pagare per l’impianto di uve apirene, gli agricoltori sono consapevoli che questo costo è necessario, perchè serve a ricompensare il lavoro di breeders e ricercatori impegnati anche per più di dieci anni nella costituzione delle nuove varietà. Pagare per ottenere il materiale di propagazione non costituisce difficoltà.  Il nodo del contendere riguarda invece i meccanismi che regolano la commercializzazione di alcune uve senza semi.

Uvadatavola.com riporta le dichiarazioni di uno dei produttori che aderisce all’agitazione spontanea che in questi giorni ha deciso di intraprendere le vie legali, con l’obiettivo di permettere ai coltivatori di uve brevettate di non essere obbligati a conferire il prodotto ai soli esportatori licenziatari.

Qual è il punto? “Obbligano i produttori di queste varietà a conferire il prodotto solo al “club” di esportatori individuati dagli stessi costitutori”, spiega il coltivatore, che ci ha chiesto di rimanere anonimo.

Il fulcro del problema, secondo il produttore, è il seguente: “Gli esportatori preposti all’acquisto decidono il prezzo, ci pagano (spesso dopo 90 giorni) e stabiliscono anche quando e come tagliare l’uva. In qualche modo impedendo il libero mercato”.

Alcuni avvocati sono ora all’opera per dirimere la questione: “Il viticoltore è tenuto a cedere all’esportatore licenziatario anche il 10% del fatturato ottenuto dalla vendita delle uve brevettate. Costo che si aggiunge al pagamento iniziale della barbatella innestata o della marza. Infine, oltre a decidere quando tagliare e quanto pagare il prodotto, se alcuni quintali di uva in cella dovessero diventare non commercializzabili quei volumi non vengono più retribuiti all’agricoltore”.

A dire del produttore: “Si tratta di un meccanismo che esiste solo in Italia, per questo circa 500 aziende pugliesi si sono unite per cercare di intervenire legalmente sul problema”. E aggiunge: “I rischi di un cattivo raccolto ricadono solo su noi produttori, perché le nuove varietà sono per lo più selezionate in California o altri Paesi caratterizzati da condizioni pedoclimatiche differenti dalle nostre. Per noi non è un problema riconoscere le royalties, ma non accettiamo la commercializzazione obbligata solo ad alcuni referenti. Perché se un coltivatore riesce, in un’annata particolarmente favorevole, a produrre un’uva di qualità elevata, non è libero di scegliere l’esportatore disposto a pagare di più“.

Infine, il coltivatore di uva rivela quella che sembrerebbe essere una ciliegina (amara) sulla torta: “Ho saputo, e ne ho avuto ulteriore conferma in questi giorni, che i licenziatari stanno inviando delle lettere per informarci che nella prossima stagione sarà nostro compito tagliare e conferire l’uva agli esportatori. Una mossa che rende la situazione ancora più grave e colpisce ancora una volta il reddito dei degli agricoltori“.

 

Autore: la Redazione

Copyright: uvadatavola.com

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