La storia di Giacovelli s.r.l. prende le mosse nel lontano 1954, quando nonno Vito inizia l’attività di vendita al dettaglio nei mercati rionali con agrumi e angurie di produzione pugliese e metapontina. Innovazione e voglia di fare hanno poi fatto il resto, rendendo oggi questa realtà un punto di riferimento per il settore agricolo e il comparto dell’uva da tavola.
Anna Giacovelli fa parte della terza generazione di una famiglia che ormai 70 anni fa ha scelto di dedicarsi all’agricoltura, costruendo su quattro pilastri – qualità, stagionalità, sostenibilità e innovazione – una realtà oggi riconosciuta in tutto il settore e in particolare nel comparto dell’uva da tavola.
La storia di questa azienda inizia infatti nel 1954, quando nonno Vito Giacovelli avvia una società individuale commercializzando agrumi e angurie di produzione pugliese e metapontina tra grossisti, mercati rionali e ortomercati. Un’attività che prosegue nell’attività con l’aggiunta dell’uva da tavola al paniere colturale dell’azienda e facendosi affiancare, nel corso degli anni Settanta, dai figli Raffaele e Pietro. A ridosso degli anni Ottanta la storia prende una nuova trama: passando dalla vendita al dettaglio a una graduale apertura al mercato nazionale, l’azienda inizia a muovere i primi passi verso la Grande Distribuzione Organizzata. A trainare la crescita anche l’introduzione di nuove tecnologie e macchinari che consentono di aumentare la fornitura ed espandere il raggio d’azione, dapprima arrivando sul mercato nazionale, poi raggiungendo i mercati esteri. Intorno al 1987, infatti, la Giacovelli s.r.l. inizia a includere nella propria rete
commerciale Germania, Francia, Olanda e Inghilterra, espandendo la propria produzione attraverso l’acquisto di nuove superfici – dislocate su tutto il territorio pugliese e lucano – e avviando collaborazioni con i produttori locali. Si arriva così ai primi anni 2000: la produzione di angurie viene abbandonata per dare spazio ad altre colture come ciliegie e albicocche. Come si è evoluta oggi l’azienda? Quali sono le prospettive? Ce lo ha raccontato nell’ultimo numero del magazine Anna Giacovelli, Business Development Manager di Giacovelli s.r.l.
La storia della vostra realtà – Giacovelli s.r.l. – è un racconto di famiglia fatto di passione, duro lavoro, ma anche di scelte progettuali ben definite. A tal riguardo, come avviene la gestione in campo?
La gestione in campo da sempre è meticolosa e personalizzata a seconda della varietà e del contesto agro-produttivo. Pur mantenendo la manualità come elemento centrale, nel tempo abbiamo puntato all’innovazione. Per esempio, tramite un stazione meteo e sistemi di irrigazione Netafim, siamo in grado di monitorare con precisione i consumi di acqua e le condizioni climatiche, disponendo così di dati previsionali che ci consentono di preservare le produzioni.
Anche in magazzino ci serviamo di impianti semiautomatizzati e macchinari complementari che consentono di selezionare e imballare l’uva da tavola, ma anche albicocche, ciliegie, agrumi, in maniera innovativa.
In generale, il nostro è un metodo autentico e genuino che non rinuncia a innovazione e qualità: ogni processo, infatti, viene seguito affinché la produzione finale rispecchi sempre la nostra filosofia, rispettando gli alti standard che ci prefiggiamo.
Accanto alla produzione, operate nel campo dell’esportazione. Dal vostro punto di vista, cosa chiedono i mercati europei?
Ogni mercato è diverso dall’altro, perché i consumatori hanno esigenze e stili di vita specifici, oltre che capacità d’acquisto differenti. Si spazia dall’uva sfusa allo snack, con particolare predilezione per le varietà seedless, sebbene nei mercati mediterranei le uve con seme continuino a mantenere un certo interesse. Questo – trainato anche dal sapore inconfondibile e dall’epoca di maturazione di queste varietà – lascia ipotizzare un mercato di nicchia per intenditori. Sempre dal punto di vista varietale, negli ultimi anni, si osserva inoltre un incremento dei consumi di varietà a bacca bianca. In ogni caso, il management agronomico farà sempre più la differenza.
La sfida più importante è far capire che la qualità passa dal gusto e che anche la frutta è made in Italy e come tale deve essere valorizzata. In più, il nostro settore deve cimentarsi nello studio rinnovato e in test di nuove strategie comunicative e di vendita di frutta fresca da rivolgere ai futuri consumatori, e dunque ai Millennial e alla generazione Z.
Rimanendo proiettati al futuro, a tuo parere, riusciremo ad adeguare le nostre tecniche di post-raccolta?
Sì, se insieme a noi commercianti e produttori anche i tasselli della filiera direttamente interessati al post-raccolta sfrutteranno la loro curiosità e le loro tecniche per aiutarci ad affinare protocolli di conservazione, impiantisti di celle frigorifere, imballi e addobbi, aziende di agrochimica e così via.
Dal canto nostro, lavoriamo da diversi anni sulla questione e sulla lunga conservazione del prodotto, con l’obiettivo di affinare e – lì dove necessario – rinnovare i processi di post-raccolta dal campo al punto vendita.
Inoltre sarà fondamentale guardare all’oltremare, sbocco interessante soprattutto quando parliamo di uva da tavola, ma dimenticato dalla politica e dalle associazioni di settore. E i ritardi – in questo ambito – si notano a vista d’occhio, con la promozione di solo alcune filiere produttive. In futuro, se vogliamo fare crescere le nostre aziende, dovremo siglare accordi e lavorare duramente in questa direzione.
A prescindere da tutto, però, una cosa è certa: la qualità ripaga sempre e se siamo coerenti nel nostro lavoro, facendo gli interessi della Puglia e dell’Italia e smettendo di vivere di campanilismo, avremo cambiamenti e successi importanti come Paese.
Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com