Chiacchierare con Teresa Diomede, produttrice pugliese ed esportatrice di uva da tavola, è sempre piacevole anche perché la sua visione è spesso ad ampio raggio.
L’imprenditrice rutiglianese infatti, oltre che CEO dell’Azienda Agricola Racemus, è anche coordinatrice regionale de “Le Donne dell’Ortofrutta“, associata all’ “OP Apoc Salerno“, nel direttivo dell’associazione APEO (Associazione Produttori ed Esportatori Ortofrutticoli), infine, ma non per importanza, è uno dei membri del gruppo di contatto europeo per l’uva da tavola.
Ottima la qualità del prodotto, ma pare che i produttori siano stati lasciati soli in questa situazione di globale incertezza.
Focalizzandoci sulla campagna 2020, nonostante ci siano state giornate di pioggia subito dopo si è quasi sempre alzato del vento di maestrale, che ha fatto il suo lavoro.
Quest’anno rispetto all’anno scorso, si registra il 30% in meno di produzione. Nel mio vigneto si nota questa contrazione produttiva soprattuto per le uve senza semi. La qualità però è ottima. Abbiamo grappoli di buone dimesioni con acini dal calibro ragguardevole. Non registriamo emergenze particolari dal punto di vista fitopatologico, eccezion fatta per qualche focolaio di oidio. Questo perché, nonostante siamo in estate non abbiamo avuto lunghi periodi con il “sol leone”. Abbiamo registrato in agro di Rutigliano nottate più fredde della media, con vento di maestrale al mattino, vettore per l’oidio. Le operazioni di toelettatura del grappolo, il famigerato acinino, stanno procedendo senza grandi preoccupazioni; ma c’è carenza di braccianti. I protocolli anti covid sono stati attuati già ad inizio pandemia, anche i dipendenti si mostrano coscienziosi e mantengono il distanziamento sociale, agevolato anche dall’ambiente (ovvero l’aria aperta) nel quale si lavora.
In foto: operazioni di acinellatura su cv Italia – agro di Valenzano (BA)
Gli strumenti messi in campo dal governo stanno funzionando? Penso alla possibilità di accedere al credito di impresa. Di cosa avete bisogno come produttori?
Ad oggi purtroppo non è ancora chiaro in che modo accedere a questi strumenti, ma non solo. Come produttori ogni anno ci rivolgiamo agli istituti bancari per richiedere il “prestito di conduzione agrario“. Si tratta di una liquidità che chiediamo per ogni campagna, ma che quest’anno ha subìto ritardi. Io ad esempio sono riuscita ad accedere al servizio solo a maggio inoltrato. Le linee guida da parte del governo tardavano ad arrivare al mio istituto bancario. Giunti a maggio la mia azienda non ha nemmeno potuto usufruire della consueta cifra, ma solo di una parte. Altri strumenti promessi dal governo, ad esempio il bando per acquistare DPI anti-covid, si sono dimostrati insufficienti. Difatti lo stesso giorno in cui è stato aperto il bando non abbiamo pouto parteciparvi perchè in poche ore sono terminati i fondi. Io personalmente non ho richiesto alcuna agevolazione. Riscontro troppa burocrazia e procedure confuse. Di base, come molti altri imprenditori agricoli, sono disorientata.
In foto: CV Regal, agro di Rutigliano
Quindi mi pare di capire che quest’anno è complicato accedere anche alle consuete misure previste per sostenere la produzione. Quali sono i bisogni che avete come produttori? Ci sono dei passi che le amministrazioni possono compiere a diversi livelli?
Penso al PSR, uno strumento fondamentale per noi produttori è ora un incubo. Visto quanto accaduto non penso che avremo più accesso a questo strumento fondamentale per le aziende. Ovviamente ci saranno nuove misure, mi auguro solo che siano altrettanto efficaci. Noi produttori talvolta avremmo bisogno anche di piccolissime cose. Talvolta basterebbe anche ripulire il “fronte strada” per evitare che eventuali incendi abbiano più probabilità di innescarsi e diffondersi. Noi facciamo il nostro, ad esempio tagliamo le erbacce, ma non possiamo conferirle, nè incendiarle. Ci sono campi non coltivati nei quali vengono abbandonati illecitamente dei rifiuti. Il proprietario terriero è chiamato in prima persona a ripulire ed a smaltire i rifiuti in discariche autorizzate. Non è corretto a mio avviso far ricadere sia e spese che denunce sui proprietari dell’appezzamento preso di mira dagli inquinatori.
Spostiamo ora lo sguardo sul gruppo di contatto uva da tavola, ci sono novità? Immagino che una delle necissità del comparto sia proprio quella di raggiungere nuovi mercati, magari extra europei.
Dopo l’ultima riunione a Fruit Attraction di Madrid contavamo di realizzare una riunione del gruppo Italiano, di ritorno da Berlino. La runione non si è più realizzata a causa del COVID, ma di qui a breve cercheremo di incontrare i referenti italiani in maniera “digitale”. Comprendo l’importanza del mercato estero, io per prima non vendo nulla in Italia, a parte le melagrane. Tutta la mia produzione parte per l’Europa e anche per mercati extra europei. Visto però quanto sta accadendo, e immaginando un colpo di coda da parte del virus con l’arrivo dell’autunno, io per prima sto cercando di lavorare per proporre il mio prodotto sui circuiti italiani. Ovviamente è fondamentale anche ampliare il ventaglio dei Paesi nei quali esportare, tant’è che a breve, grazie a webidoo.it di Castellana Grotte (Ba) – che supporta le PMI italiane nel processo di internazionalizzazione attraverso la digitalizzazione – venderò il mio prodotto anche attraverso la piattaforma Alibaba. Proprio perché vorrei dare un respiro molto più ampio alla mia produzione. Questa a mio avviso è una delle soluzioni che ho personalmente trovato, anche perché negli anni passati gran parte del mio prodotto era destinato a Spagna e Portogallo. Paesi che oggi prediligono consumare in prima battuta il prodotto locale. A mio avviso è impensabile parlare di uva da tavola e immaginare il consumo solo interno o peggio ancora a “chilomtro zero”, quasi il 50% dell’uva da tavola viene esportata. Vendere l’uva, per dire, a Rutigliano è praticamente impossibile, dobbiamo sempre rivolgerci a Paesi nei quali manca il nostro prodotto.
A proposito di mercato, solo qualche giorno fa c’è stata bagarre sui prezzi dell’uva italiana contro quella egiziana. Alla fine cosa è emerso?
A volte noi produttori di uva da tavola siamo “vittime” di notizie non veritiere al 100%, e mi riferisco al discorso dei prezzi. Tutte le testate hanno postato un comunicato stampa della CIA all’interno del quale si parlava di un accordo tra produttori egiziani e aziende importatrici olandesi. Nel comunicato si diceva che il prezzo per l’uva di importazione era di 60 centesimi al kg. Solo in un secondo momento si è scoperto che quei 60 centesimi erano riferiti al cestino (ovvero 500 gr), non al kg. Questo vuol dire che stiamo parlando di 1,20 euro al chilo. Prezzo indubbiamente basso, ma che cambia completamente tutto il panorama.
Notizie di questo tipo colpiscono la campagna di commercializzazione dell’uva da talvolta.
Certo, sicuramente demoralizzano i produttori. Con 60 cent non si rientra nemmeno con il costo della confezione. Di base è rimasta a tutti la sensazione che la campagna non è partita nel modo giusto. Una notizia imprecisa che ha giocato aon le paure del produttori per questa stagione incerta che stiamo vivendo.
Autore: Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com