La denuncia di un produttore di uva: la GDO impone prezzi troppo bassi

da Redazione uvadatavola.com

Già dal mese di aprile commercianti e produttori hanno cominciato a stringere accordi per stabilire i prezzi ed i quantitativi di uva da tavola da commercializzare durante la stagione 2019.

Uvadatavola.com ha raccolto le riflessioni di un produttore pugliese che ha richiesto però l’anonimato.

La GDO impone ai produttori prezzi troppo bassi ed in alcuni casi opera in maniera scorretta prenotando merce che non comprerà.

“I commercianti stanno già effettuando i primi acquisti di partite di uva per le varietà precoci – comincia il viticoltore -. Purtroppo si parla già di 0,50-0,55 euro/kg. Mi chiedo come è possibile far quadrare i conti vendendo il prodotto ad un prezzo che pareggia semplicemente le spese di produzione per le uve precoci (il prezzo sale a 0,70 euro per la produzione delle uve tardive). La Grande Distribuzione Organizzata ha già pianificato le offerte per l’uva da tavola nei mesi di giugno, luglio ed agosto e di conseguenza impone i prezzi che ritiene opportuni“.

Il produttore continua: “La GDO si schiera giustamente a favore dei diritti dei lavoratori, e contro il lavoro nero di braccianti ed operai agricoli. La legislazione italiana con la Legge 199 del 29 ottobre 2016 (recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo) punisce con la confisca dell’azienda il produttore che impiega manodopera non contrattualizzata. I prezzi che ci vengono imposti però fanno sì che gli sfruttati siamo anche noi agricoltori. La GDO rincara del 300% il costo del prodotto al consumatore finale. Così facendo ai produttori non restano in tasca nemmeno 0,05 Euro/Kg di profitto “.

Facciamo un esempio un po’ più concreto: “Un impianto che riesce a produrre 300 quintali di uva per ettaro, realizzerà un guadagno di 15 mila euro ad ettaro, se l’uva verrà venduta al commerciante a 0,50 euro/kg. Sembrano tanti soldi, ma si tratta esattamente del denaro necessario a produrre il frutto. Con prezzi così bassi i produttori sono costretti a cercare metodi alternativi per ridurre le spese. Alcuni purtroppo decidono di tagliare sui i contributi per gli operai, i DVR (Documento di valutazione dei rischi), le visite mediche per gli operai ecc…”.

 

Si tratta di una situazione complicata da sbrogliare, in questo affresco realizzato dalle dichiarazioni dell’intervistato si comprende che a rimetterci spesso sono i piccoli viticoltori. Ancora una volta emerge prepotentemente la necessità di aggregazione per i produttori italiani di uva da tavola. Difatti solo un ente riconosciuto sarebbe in grado di aprire una trattativa con dei referenti politici o della GDO, imporre dei paletti e tutelare così gli interessi dei produttori e di conseguenza anche dei braccianti. Il nostro intervistato è convinto della necessità di stabilire un prezzo minimo. Proprio di ieri infatti è la notizia dell’approvazione del “Decreto emergenze agricole”, da parte della Camera ed ora al vaglio del Senato. Decreto legge che mira a stabilire un prezzo minimo di vendita per quasi tutte le produzioni agricole.

Il prezzo troppo basso alla produzione, però non è l’unico nodo che suscita il malcontento dei produttori, infatti ci sono, secondo le dichiarazioni del viticoltore, dei modus operandi da combattere: “La GDO già in questo periodo definisce i quantitativi (la programmazione solitamente avviene già a novembre)di uva che dovrà acquistare durante i mesi estivi e li prenota in campo. Facciamo conto che la Spagna, per esempio, quest’anno non produrrà Superior a sufficienza. Vengono quindi contattati produttori italiani di Superior. Parliamo di ordini enormi, i commercianti si accaparrano grandi partite di uva stabilendo il prezzo con il produttore. Magari l’accordo è chiuso per 1 euro al kg e ai viticoltori viene consegnata una caparra di 5-7-10 mila euro per riempire anche 30 camion di uva della varietà Superior.”

Fin qui tutto bene, ma i problemi potrebbero in alcuni casi insorgere durante la raccolta: “Il commerciante potrebbe lamentarsi perché il prodotto potrebbe risultare, ad esempio, leggermente macchiato, oppure potrebbe dire che quell’uva non è commercializzabile e fa scendere il prezzo ad 80 centesimi di Euro. Il produttore, che ha il frutto pronto per essere tagliato ovviamente è costretto ad accettare. Ma non è ancora finita. Alle volte accade anche che, durante la fase di raccolta, la GDO fa sapere che sul mercato c’è troppa uva Superior. Pertanto non hanno più bisogno dei quantitativi prenotati in precedenza. Al produttore viene comunicato che invece di riempire i 30 camion prestabiliti, ne dovrà riempire solo 10. Così capita che a chi è stata consegnata una caparra viene tagliato solo il quantitativo di prodotto corrispondente alla caparra stessa. La produzione restante, precedentemente prenotata, rimane sulla pianta, invenduta”.

“Si tratta di un modo di fare che di anno in anno peggiora” conclude il viticoltore.

Il nostro tessuto produttivo puntiforme, formato per lo più da piccoli produttori di uva da tavola, è debole, non ha nessun rappresentante riconosciuto da altri enti ed istituzioni. Inoltre le scelte dei viticoltori da tavola italiani non sono guidate da una precisa e razionale politica produttiva. Anche puntare sul rinnovo varietale potrebbe rappresentare una strada percorribile per ridurre i costi, ma non tutti i produttori ne sono convinti. Questi punti di debolezza, se risolti, potrebbero regalare all’industria dell’uva da tavola italiana una nuova vita e grandi opportunità.

 


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