Talvolta le volpi arrivano all’uva e addirittura la pesano.
Le mani della mafia sulle transazioni per la vendita di uva, prodotto di pregio del territorio siciliano esportato in tutto il mondo.
Siciliani e calabresi insieme
Secondo gli investigatori l’ingerenza in questo comparto da parte della Stidda (l’organizzazione mafiosa attiva in particolare nelle provincie di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa) è stata progressiva nel tempo. Dalle indagini sono infatti emersi anche dei rapporti tra il vertice della famiglia mafiosa della città di Palma di Montechiaro (AG) con la ‘Ndrina calabrese dei Barbaro, della città di Platì (RC).
L’operazione Condor
L’operazione antimafia denominata “Condor” – svoltasi alle prime luci dell’alba di ieri, 11 gennaio 2023 nella provincia di Agrigento – ha scoperto che le lunghe mani di Cosa Nostra traevano profitti dalle transazioni derivanti dalla vendita dell’uva. L’organizzazione criminale avrebbe gestito un intero impianto di pesatura dell’uva i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti.
In carcere due capimafia
L’inchiesta “Condor”, sviluppata dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Agrigento e coordinata dal procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia Paolo Guido e dal Pubblico Ministero Claudio Camilleri, è “figlia” del blitz “Xydi” (del 2 febbraio 2021). Condor ha portato in carcere i due presunti nuovi capimafia della provincia di Agrigento: Nicola Ribisi, di Palma di Montechiaro, e Giuseppe Sicilia, di Favara.
Due nomi noti da tempo alle forze dell’ordine e non estranei al carcere.
Non solo l’uva
L’inchiesta ha portato alla luce anche il controllo illecito di una grossa parte del settore imprenditoriale delle slot e di alcune macchine da gioco installate nei locali commerciali della zona; nonché estorsioni ai danni di un imprenditore costretto ad astenersi dalla partecipazione ad un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni; tentata estorsione e incendio.
Il commento dei carabinieri
“Tagliando le teste più importanti di queste organizzazioni riusciamo a liberare le città, ma soprattutto riusciamo a restituire ai cittadini la forza di denunciare estorsioni, danneggiamenti, incendi. Comportamenti aggressivi che devono essere azzerati”, queste le dichiarazioni dei carabinieri in seguito alla conclusione delle operazioni.
Le manette sono scattate anche ai polsi di: Giuseppe Chiazza; Domenico Lombardo; Baldo Carapezza. Ai domiciliari sono finiti: Ignazio Sicilia; Salvatore Galvano, Francesco Centineo e Giovanni Cibaldi. Obbligo di dimora, infine, per Luigi Montana.
In seguito all’operazione è stato immediato il commento di Coldiretti
“L’uva è sottopagata agli agricoltori – afferma Coldiretti – ai quali viene offerto un prezzo incapace di coprire i costi di produzione. Però i prezzi triplicano dal campo alla tavola, anche per effetto delle infiltrazioni della malavita; essa soffoca l’imprenditoria onesta e distrugge la concorrenza e il libero mercato. Azioni di questo tipo inquinano la commercializzazione stabilendo i prezzi del raccolto, gestendo i trasporti e lo smistamento”.
La mafia non solo si appropria dei guadagni, ma mina il valore del Made in Italy
“Le mafie nelle campagne – conclude Coldiretti – operano attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma d’imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, caporalato e truffe nei confronti dell’Unione europea fino al controllo d’intere catene di supermercati e ristoranti con un business criminale stimato in oltre 24,5 miliardi di euro dall’Osservatorio Agromafie”.
Autrice: Teresa Manuzzi
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