I numeri spesso sanno dire più delle parole. E nel caso di LUV Fiera, il messaggio oggi – a conclusione della tre giorni – risuona forte e chiaro: una verticale di filiera dedicata all’uva da tavola era un’esigenza la cui risposta non poteva più essere rimandata.
Lo hanno sottolineato le istituzioni sin dal momento dell’inaugurazione, confermando l’importanza del lavoro di squadra e la necessità di unire le forze per costruire idee e progetti. Lo hanno ribadito gli esperti e i tecnici che – nei tre giorni della rassegna – hanno offerto i loro contributi, con spunti inediti per la ricerca e l’evoluzione del comparto.
Ma soprattutto lo hanno testimoniato tutti i visitatori che – in oltre 6000 – hanno preso parte a LUV Fiera, rendendo per tre giorni Bari una vetrina di primo piano per il comparto, nonché il cuore pulsante del comparto dell’uva da tavola. E con Bari e la Puglia, protagonista è stata anche la Sicilia con le sue uve IGP di Canicattì e Mazzarrone, i suoi dolci e i tanti referenti arrivati in Fiera per condividere esperienze e sviluppare una progettualità condivisa.
Quella lanciata con LUV Fiera è una sfida ambiziosa.
A differenza di altri comparti, quello dell’uva da tavola manca ancora di una struttura organizzata e definita e – almeno fino a questo momento – anche l’aggregazione e la condivisione di iniziative comuni non sempre hanno trovato il giusto spazio. Eppure con LUV qualcosa si è mosso: un nuovo percorso sembra essere stato tracciato. L’unione di istituzioni, operatori commerciali e produttori può e deve diventare un imperativo, non solo per dare il giusto valore a un’eccellenza italiana com’è appunto l’uva da tavola, bensì per attirare gli sguardi di chi può innovare il comparto dalle fondamenta. Prima fra tutti la politica, necessaria alleata per attuare cambiamenti strutturali. E poi la ricerca, la scuola e gli enti di formazione: un insieme di realtà che spesso si ritrovano ad abitare la stessa casa, sebbene ognuno rintanato nella propria cameretta.
Il coraggio – riconosciuto da più voci a Mirko Sgaramella e Francesco Menelao, principali fautori dell’evento, nonché rispettivamente project e sales manager di LUV Fiera – sta forse proprio in questo: nell’aver creduto fortemente nel progetto di una verticale di filiera interamente dedicata all’uva da tavola in Europa, capace di abbattere i muri di quella casa e aprire le porte di ognuna di quelle camerette. Un sogno costato tanto impegno e duro lavoro, ma pienamente riuscito negli obiettivi e nei risultati. Oltre 200 espositori, più di 100 relatori nazionali e internazionali, migliaia di visitatori non sono cifre ordinarie per una prima edizione. LUV, però, ha portato a casa questi risultati. Nelle sue criticità, nei suoi punti di debolezza, negli errori che ogni prima volta porta con sé. Ma la strada è stata tracciata e ora non si può tornare indietro.
D’altronde, se c’è un merito che LUV può vantare è proprio quello di aver saputo dar voce ai bisogni che il comparto non sapeva ancora di avere. E lo ha fatto – ed è questo l’altro importante traguardo – attraverso veri e propri talenti che in silenzio e con spirito innovatore animano il mondo dell’uva da tavola, rivelando a questa realtà potenzialità interessanti che – se adeguatamente supportate e valorizzate – possono offrire un valore aggiunto inestimabile all’intero comparto.
Per questo e per tutte le sfide ancora da affrontare, LUV Fiera dell’uva da tavola è già pronta a un nuovo capitolo. L’appuntamento è per il 2026, ma l’entusiasmo è lo stesso di chi oggi – guardando a quello che è stata la prima edizione – ha già una nuova luce negli occhi.
Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com