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- Per questo, quindi, uno può essere a fine ciclo produttivo, nel momento in cui si estirpa un vigneto, perché in questa fase le popolazioni dei parassiti come i nematodi sono ancora dense e attive.
- Altro momento indicato per le analisi del terreno, poi, è la fase di preimpianto (dopo che il terreno è stato lasciato “riposare” per il tempo necessario).
- I sintomi che dovrebbero indurci a effettuare le analisi
- Operazioni agronomiche e trattamenti per il controllo dei nematodi
- In questa fase occorre fare attenzione non solo alle colture, ma anche alle piante spontanee. La mancanza dell’ospite, infatti, non consente al nematode di nutrirsi e moltiplicarsi.
- Pessime pratiche agricole
- Biofumigazione: vantaggi e limiti
- Inerbimento: specie consigliate e sconsigliate
Per rilevare la presenza di nematodi nel terreno esistono precisi momenti in cui è opportuno effettuare le analisi del suolo.
Per questo, quindi, uno può essere a fine ciclo produttivo, nel momento in cui si estirpa un vigneto, perché in questa fase le popolazioni dei parassiti come i nematodi sono ancora dense e attive.
In questo modo è possibile eseguire anche uno screening dei diversi parassiti presenti per poter così valutare e indirizzare razionalmente la gestione del campo. Con gli apparati radicali appena estratti dal terreno, infatti, è piuttosto semplice prelevare piccole porzioni di radici assorbenti e altrettanto piccole quantità di terreno aderenti a esse. Risulta opportuno effettuare il campionamento in più punti dell’impianto per ottenere un unico campione rappresentativo. L’analisi del campione fornirà informazioni di carattere prevalentemente qualitativo, relative al tipo di parassiti presenti, e sulla base di questi dati si potrà impostare una razionale successione colturale.
Altro momento indicato per le analisi del terreno, poi, è la fase di preimpianto (dopo che il terreno è stato lasciato “riposare” per il tempo necessario).
In questo momento il terreno è libero da colture ed è pronto per accogliere un nuovo vigneto. Occorre quindi stabilire se ci sono nematodi parassiti e se la loro quantità è inferiore o superiore alle soglie di tolleranza per la coltura che si intende impiantare. Occorre inoltre accertarsi della presenza/assenza di nematodi vettori di virus, soprattutto se durante il precedente ciclo colturale c’erano piante virosate. Il virus, infatti, potrebbe essere sopravvissuto nei residui delle radici eventualmente presenti in campo. In tal caso anche un solo individuo di Xiphinema index, abbinato alla presenza del virus, infatti, potrebbe causare l’infezione delle piante. Realizzare un vigneto è già di per sé un investimento importante e i nematodi possono compromettere la produzione arrecando un notevole danno economico. Investire una somma di denaro per effettuare le analisi, quindi, consente di fare un’adeguata valutazione del rischio e di intervenire prima che sia troppo tardi.
Infine, altro momento per effettuare le analisi è durante la stagione vegetativa (primavera-estate), con finalità diagnostica, per comprendere le cause di eventuali “sofferenze” osservate in campo. In tal caso, le analisi saranno compiute su radici e terreno circostante, realizzando i prelievi sotto i punti di irrigazione e campionando le radici assorbenti più giovani e sottili. Un solo campione è sufficiente, ma è bene prelevare anche un campione da un’area non sintomatica proprio per metterli a confronto.
I sintomi che dovrebbero indurci a effettuare le analisi
In campo l’intensità dei sintomi associati alla presenza di nematodi parassiti è variabile, ma generalmente aspecifica e localizzata in chiazze, che col tempo tendono ad allargarsi. I sintomi includono generici ritardi di crescita, clorosi fogliare, scarso vigore, appassimenti anche temporanei e riduzione del carico produttivo. Gli apparati radicali possono apparire malformati o a ridotto accrescimento. Nel caso di virosi, l’analisi potrebbe essere mirata a verificare se il virus si è diffuso in campo – mediante vettore (Xiphinema index) – o se è stato introdotto con il materiale di propagazione.
- Leggi anche: Nematodi e virus: un binomio pericoloso per la vite
Operazioni agronomiche e trattamenti per il controllo dei nematodi
Adottare mezzi di controllo in fase di preimpianto è un’operazione più efficace rispetto agli interventi effettuati ad impianto avvenuto. Le azioni preventive devono essere privilegiate da produttori e tecnici. L’obiettivo in preimpianto è abbattere le popolazioni dei parassiti al di sotto della soglia di danno, che purtroppo è nota solo per alcuni nematodi. Dopo aver identificato i parassiti presenti mediante analisi, l’abbattimento delle popolazioni si ottiene evitando di impiantare specie ospiti.
In questa fase occorre fare attenzione non solo alle colture, ma anche alle piante spontanee. La mancanza dell’ospite, infatti, non consente al nematode di nutrirsi e moltiplicarsi.
Questo processo può essere accelerato mediante riposo e lavorazioni del terreno per eliminare le infestanti, oppure facendo ricorso a sovesci di piante biocide. Occorre ricordare, poi, che Xiphinema index può sopravvivere in campo fino a 4 anni, per cui gli avvicendamenti migliori – nel caso in cui il nematode sia presente – prevedono il ritorno della vite dopo un intervallo di 4-7 anni. Trascorso tale periodo di tempo, è molto alta la probabilità che tutti gli individui adulti probabilmente entrati in contatto con virus come il GFLV siano morti e che tutte le forme larvali abbiano compiuto la muta, liberandosi del virus. Questo, a sua volta, se presente, risulta eradicato.
Le possibilità di risanamento quando c’è l’impianto, invece, sono inconsistenti, tanto per la presenza della coltura quanto per l’assenza di mezzi tecnici efficaci. L’unico formulato disponibile per la vite è quello a base del microrganismo fungino Paecilomyces lilacinus ceppo 251, attivo solo contro i nematodi galligeni e utilizzabile solo in fase di pre-trapianto e post-trapianto.
Pessime pratiche agricole
Tra le pratiche adottate in campo, possiamo definire “cattive” quelle che favoriscono l’inoculo presente in campo. Queste includono:
- incompleta devitalizzazione ed estirpazione dei ceppi, lasciando in campo parti o interi apparati radicali;
- anticipo del reimpianto;
- utilizzo di portinnesti non resistenti, qualora disponibili e compatibili con gli obiettivi qualitativi della produzione.
Per quanto riguarda i portinnesti resistenti, SO4, 34 E.M. e 1103 Paulsen hanno elevata tolleranza ai nematodi galligeni. La tolleranza è buona per Kober 5BB, molto meno per 140 RU. Diversamente 420A e 41B sono suscettibili. Per quanto riguarda Xiphinema index, invece, non esistono portinnesti resistenti, anche se sono stati riscontrati elevati livelli di tolleranza in alcuni portinnesti di recente introduzione, ma suscettibili alla fillossera. Ad ogni modo e considerando le buone pratiche, tutte le azioni che aumentano la biodiversità nel suolo (spesso legate al mantenimento o ripristino della fertilità organica) contribuiscono ad ostacolare eventuali infestazioni.
Biofumigazione: vantaggi e limiti
La biofumigazione è un’operazione praticata a conclusione della coltivazione di determinate piante da sovescio che si attua mediante sottile sminuzzamento della biomassa, suo rapido interramento e bagnatura. Quest’ultima operazione serve ad attivare il processo di biofumigazione e a ridurre la volatilizzazione delle sostanze fumiganti. Si tratta di una tecnica valida se applicata preventivamente, ovvero prima della realizzazione dell’impianto. Se la si utilizza come “metodo curativo”, infatti, mostra evidenti limiti, come la necessità di ripetere l’operazione più volte affinché si abbia l’abbattimento delle popolazioni del parassita. Difatti è improbabile che un singolo ciclo sia in grado di risolvere il problema, a meno che le infestazioni siano molto blande. Infine, così come è importante che la biofumigazione venga svolta correttamente – affinché non perda di efficacia – bisognerebbe sempre verificare l’esito del trattamento mediante analisi.
Inerbimento: specie consigliate e sconsigliate
In generale l’inerbimento, inteso come arricchimento organico del suolo, aiuta a promuovere e preservare la fertilità fisica, chimica e microbiologica. Ciò offre dei vantaggi all’impianto e potrebbe anche influenzare positivamente la tolleranza della vite ai nematodi. Ovviamente è importante fare attenzione alle specie usate per l’inerbimento, avendo cura di evitare quelle che agevolano la riproduzione dei nematodi. Per quanto riguarda gli inerbimenti temporanei autunno-vernini ritengo che questi possano marginalmente interagire con le dinamiche di popolazione dei nematodi, la cui attività è stimolata in condizioni di suolo con temperature elevate e dall’attività radicale della coltura. Gli inerbimenti primaverile-estivi, invece, avrebbero più efficacia, ma l’argomento rimane complesso.
Non bisogna dimenticare che i nematodi sono mobili e che possono quindi spostarsi verso un certo ospite, che potrebbe essere proprio la coltura. Utili sarebbero gli approfondimenti su eventuali effetti di attrazione, repellenza o soppressione attuati da diverse essenze nei confronti dei nematodi. In questo modo si potrebbero selezionare le miscele di semi migliori per l’inerbimento, in funzione dei parassiti presenti in campo e del loro rapporto con determinate specie e varietà di piante.
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Giuseppe Lucarelli – agronomo Horto Service – Nemalab
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