Oidio della vite: il latte come fungicida naturale

Un esempio brillante di innovazione low-tech, che coniuga semplicità e sostenibilità. Ma è davvero efficace? E soprattutto può risultare una pratica adottabile su vasta scala?

da Redazione uvadatavola.com
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L’oidio della vite (causato dal fungo Erysiphe necator) è una delle principali malattie fungine che colpiscono la viticoltura mondiale, in particolare quella da tavola. L’approccio tradizionale alla sua gestione si è basato sull’impiego di fungicidi chimici, spesso ad ampio spettro, ma l’attenzione crescente verso la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare ha spinto la ricerca verso strategie alternative, tra cui l’impiego di composti naturali

In questo contesto, le formulazioni a base di latte sono emerse come soluzione tanto curiosa, quanto promettente.

Latte come fungicida naturale contro l’oidio della vite: una review degli studi scientifici

Il primo studio ad attirare l’attenzione sul latte come antifungino risale al 1999, quando lo scienziato Wagner Bettiol dimostrò l’efficacia del latte vaccino diluito al 10% nel controllare l’oidio della zucchina (Sphaerotheca fuliginea). Successivamente, la comunità scientifica ha esteso le osservazioni anche ad altre specie, tra cui la vite. In particolare, studi condotti in Brasile, Australia, Italia e Sudafrica hanno mostrato una riduzione significativa della sintomatologia oidiotica in viti da tavola trattate con latte intero o scremato diluito, con percentuali comprese tra il 5 e il 20%.

Due gli aspetti su cui si sono concentrare le ricerche: l’efficacia fungistatica/fungicida del latte, confrontata con i trattamenti chimici standard; i meccanismi d’azione ipotizzati come la produzione di radicali ossidanti (come l’ossigeno singoletto), l’effetto fisico di barriera, o la stimolazione delle difese endogene della pianta.

Meccanismi d’azione: cosa succede davvero?

Il latte non è un semplice “rimedio della nonna”: la sua efficacia trova riscontri nella biochimica. In presenza di luce solare, le proteine del latte – in particolare la caseina – possono infatti agire da sensibilizzatori fotochimici, generando specie reattive dell’ossigeno (ROS) come l’ossigeno singoletto. Questi ROS danneggiano le membrane cellulari del micelio fungino, portando alla sua disgregazione.

Altri studi ipotizzano che i lipidi e gli enzimi del latte, come la lisozima e la lactoperossidasi, partecipino all’effetto antifungino, mentre il lattosio potrebbe avere un ruolo secondario nella modulazione del microbiota fogliare, favorendo antagonisti naturali dell’oidio.

Latte e vite da tavola: sperimentazioni recenti e risultati

Negli ultimi dieci anni, diverse università italiane (come l’Università di Palermo e la Cattolica del Sacro Cuore) hanno condotto prove di campo su varietà da tavola come Italia, Red Globe e Victoria. Le soluzioni a base di latte intero diluito al 10-20%, applicate settimanalmente a partire dalla fase di allegagione, hanno portato a una riduzione dell’incidenza dell’oidio fino al 70% rispetto ai controlli non trattati. Anche se l’efficacia non ha raggiunto quella dei fungicidi sistemici, i risultati sono stati particolarmente promettenti in annate a bassa pressione infettiva, o in integrazione con altre pratiche di difesa biologica.

Un ulteriore vantaggio è inoltre emerso sul piano organolettico e commerciale: l’assenza di residui chimici ha infatti permesso una maggiore appetibilità del prodotto sui mercati “residue-free” e biologici, in crescita in tutta Europa.

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Limiti, criticità e prospettive di miglioramento

Nonostante l’entusiasmo, l’uso del latte presenta alcune criticità operative. Il rischio di fermentazione in condizioni di caldo umido può per esempio portare a odori sgradevoli o attrarre insetti; inoltre, l’uniformità di distribuzione sulle chiome fitte della vite da tavola può essere una sfida. Il costo e la logistica dell’approvvigionamento di latte alimentare, infine, pongono interrogativi sulla scalabilità della pratica.

Per risolvere questi problemi, start-up e centri di ricerca stanno sviluppando formulazioni concentrate a base di caseina, oppure miscele latte-alghe o latte-propolis, per potenziare l’effetto e ridurre gli svantaggi. Accanto a questo, è in corso anche lo studio di peptidi antimicrobici derivati dal latte (come le casocidine) che potrebbe offrire una via biotecnologica avanzata per il controllo dell’oidio.

Il latte si fa scienza

L’impiego del latte nella lotta contro l’oidio della vite da tavola è un esempio brillante di innovazione low-tech, che coniuga semplicità e sostenibilità. Non si tratta di una panacea, ma di uno strumento valido all’interno di un approccio integrato, che richiede conoscenza agronomica e attenzione ai dettagli applicativi.

E allora, in un’epoca in cui la viticoltura è chiamata a reinventarsi tra cambiamento climatico, pressione normativa e nuove sensibilità dei consumatori, l’idea di spruzzare latte sulle viti non è più solo pittoresca, ma una scelta tecnica, ragionata e, a tratti, volendo, persino visionaria.

Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com

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