Uvadatavola.com, in occasione dell’annuale Convention Biolchim, ha avuto l’opportunità di intervistare Renzo Piraccini, presidente di MACFRUT, sulle nuove possibilità per l’export di uva da tavola italiana.
Piraccini ha cominciato esponendo le opportunità offerte dai Paesi dell’Africa sub sahariana per l’intero settore ortofrutticolo italiano:
“Le opportunità che può offrire un continente come l’Africa subsharaiana per le aziende della filiera ortofrutticola sono numerose perché si tratta di Paesi in crescita. Ritroviamo una forbice sociale molto larga. Da un lato, certo, ci sono persone molto povere, ma di anno in anno aumentano anche i ricchi che richiedono prodotti di qualità. La crescita di questa zona apre nuove opportunità alle aziende che vendono tecnologie e prodotti per l’agricoltura, come la Biolchim ad esempio, ma anche per per imprese che vendono kiwi, mele ed uva da tavola. A tal proposito la Cina è già presente e sta investendo tantissimo in questi Stati. L’Africa potrebbe rappresentare un piccolo mercato per l’uva da tavola. Fortunatamente il Sudafrica, che è un grande Paese produttore di uva, è nell’emisfero Sud, quindi le epoche di maturazione del prodotto sono diverse”.
Secondo Lei quali sono i nuovi mercati su cui l’Italia può esportare Uva da tavola?
“Io credo che sia un obbligo per l’uva italiana cercare maggiore spazio sui mercati internazionali. Molti produttori che esportano in Germania dicono di esportare all’estero. Ma i Paesi dell’UE fanno parte del Mercato Unico Europeo, esportare in Germania ormai non vuol dire più vendere in prodotto all’estero. Purtroppo negli ultimi anni abbiamo perso un po’ di propensione al mercato internazionale. Dobbiamo lavorare per cercare nuovi sbocchi per la nostra uva e non rischiare l’ingolfamento. Ovviamente ha pesato molto negli ultimi anni l’embargo russo, auspico che termini al più presto. Per molte tipologie di prodotti ortofrutticoli questa speranza non ha più senso di esistere perché la Russia ha implementato la produzione agricola interna ed ora è indipendente per molti prodotti. Per gli esportatori di uva da tavola, invece, la Russia rappresenta ancora un mercato florido. Oltre alla Russia, però, dobbiamo cercare di guardare ai diversi Paesi del globo. Ad esempio tutti gli Stati dell’Asia, ci sono anche molti Paesi del Sud America che possono essere dei mercati importanti. Uno degli ostacoli più grandi all’export dell’uva da tavola ad oggi è rappresentato dalle barriere fitosanitarie. Il Governo Italiano è chiamato ad impegnarsi per rimuovere quanto prima queste barriere, a cominciare da Paesi come la Cina o l’Indocina. Oppure il Vietnam, che oggi rappresenta un importantissimo mercato per l’uva spagnola, statunitense e peruviana”.
Oltre alle barriere fitosanitarie quali sono, secondo lei, i problemi principali che affliggono il comparto e impediscono l’export di uva da tavola?
“Uno dei gap che frenano l’export di uva da tavola italiana all’estero è sicuramente legato alla conformazione delle aziende produttrici italiane, che sono per lo più piccole e medie aziende agricole. Il mercato internazionale è fatto soprattutto per le imprese grandi. Per le piccole imprese è molto più difficile essere competitive. Spero, inoltre, che anche i produttori di uva da tavola capiscano l’importanza di avere una fiera, una vetrina internazionale, come Macfrut, che possa fare da traino a tutta la filiera ed in particolare per le produzioni di qualità. Grazie alle nuove varietà l’uva italiana ha tante carte da giocare, bisogna imparare a fare sistema, a partire dalle piccole cose. Partecipare ad una fiera internazionale rappresenta un’opportunità importante per valorizzare il proprio prodotto e rivitalizzare il comparto”.
Autore: Teresa Manuzzi
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