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Scegliere il giusto portainnesto – sulla base della cultivar, del terreno e delle condizioni pedoclimatiche – aiuta l’azienda a mitigare o a esaltare le caratteristiche della varietà innestata. L’agronoma Federica Garrapa suggerisce come riconoscere le barbatelle di qualità e descrive caratteristiche e peculiarità di vecchi e nuovi portainnesti.
Come ottenere i portainnesti
Durante la fase di riposo vegetativo, la pianta madre viene potata e dai tralci si ricavano talee diverse tra loro per diametro, lunghezza e numero di gemme. Solitamente le talee destinate a diventare barbatelle hanno le seguenti caratteristiche:
- 5-6 gemme;
- diametro compreso tra 0,5 e 0,7 cm;
- lunghezza pari a circa 60 cm.
Le future barbatelle, quindi, nel mese di maggio vengono messe a dimora in vivaio, dove possono sviluppare le radici ed emettere i germogli. A dicembre, invece, vengono estirpate e, in base al loro calibro e qualità della radice, selezionate e confezionate in mazzi da 50.
UE: Paese che vai barbatella che trovi
Le caratteristiche delle barbatelle sono pressoché uguali per tutti i Paesi, ma potrebbero variare per alcuni Paesi del Centro-Europa come la Francia, dove le barbatelle sono più corte poiché non si hanno problemi di disponibilità idrica.
Per definire e riconoscere una barbatella di qualità occorre, per prima cosa, guardare la radice. La barbatella deve mostrare almeno due o tre radici principali, che sono deputate a svolgere le funzioni di ancoraggio e assorbimento dell’acqua. Inoltre è importante che le radici siano disposte sulla barbatella “a corona”, affinché tutti i lati della pianta siano provvisti di radice. In caso contrario, infatti, è facile che il lato sprovvisto di radice subisca dei “traumi”, che a loro volta possono agevolare l’ingresso di patogeni. Su di una buona barbatella, inoltre, si notano un buon numero di radici secondarie e la presenza del capillizio radicale. Sia le radici secondarie che il capillizio radicale indicano che la radice è cresciuta in un ambiente non asfittico e non compatto.
A tutto ciò si aggiunge l’importanza dell’osservazione: la barbatella, infatti, deve essere priva di galle, evidenti lesioni e miceli fungini. Non è sufficiente guardare solo il diametro della barbatella, perché un diametro di giuste dimensioni non è garanzia di qualità. Risulta utile, per esempio, applicare una leggera pressione sul fusto, per verificarne la resistenza. Anche il taglio dei tralci e la spuntatura della radice di qualche centimetro sono pratiche comuni, volte a valutare la sanità della barbatella e stimolare l’emissione di nuove radici al momento del trapianto.
Gestione della barbatella nelle prime fasi post trapianto
Dopo la messa a dimora della barbatelle è importante non “abbandonarle”. Arature leggere si potrebbero programmare per facilitare l’approfondimento delle radici, così come sono sempre più frequenti e necessarie le irrigazioni di soccorso per mitigare le conseguenze degli stress termici. Importante, inoltre, è non far aumentare troppo il diametro del fusto delle barbatelle, perché sarebbe poi difficile trovare marze con lo stesso diametro e idonee per l’innesto. In ultimo occorre anche valutare se è necessario fare trattamenti per il controllo di tripide e fillossera.
Caratteristiche dei portainnesti più utilizzati
I portainnesti più utilizzati negli ambienti dell’Italia meridionale si dividono in due grandi gruppi selezionati per la resistenza alla fillossera e per la tolleranza alla clorosi ferrica. Si tratta di due gruppi, i cui portainnesti sono ottenuti in un caso dall’incrocio di Vitis berlandieri x V. riparia (da ripa che indica la riva del fiume) e nell’altro caso dall’incrocio di V. berlandieri x V. rupestris (da rupe che indica la roccia). Tra le differenze che caratterizzano i portainnesti dei due gruppi vi è il diverso angolo geotropico della radice.

Barbatella ottenuta dall’incrocio di Vitis berlandieri x V. riparia
Vitis berlandieri x Vitis riparia
Del gruppo di barbatelle ottenute dall’incrocio di V. berlandieri x V. riparia fanno parte per esempio SO4, 157/11 Couderc, 225 Ruggeri, Kober 5BB e 420A, tutti portainnesti con un apparato radicale più superficiale e consigliati in terreni sciolti di medio impasto, con buona disponibilità idrica. Non mancano però alcune eccezioni: per esempio il portainnesto 420A, sebbene la sua crescita sia lenta durante i primi anni, si adatta bene a terreni mediamente clorosanti, siccitosi e asciutti, trasmette una buona vigoria al nesto e ha ottima affinità con diverse varietà di uva da tavola. Sempre in questo gruppo possiamo annoverare il portainnesto 34 E.M, ovvero la barbatella per eccellenza, perfetta per i terreni vergini.
Vitis Berlandieri x Vitis Rupestris
Le barbatelle ottenute dall’incrocio di V. berlandieri x V. rupestris dimostrano un miglior adattamento ai terreni profondi e siccitosi. Come è noto alcuni di questi portainnesti, come 140 Ruggeri e 1103 Paulsen, resistono bene al calcare attivo ma tendono a ritardare la produzione. Altri, come 779 Paulsen e 775 Paulsen, consentono produzioni di qualità in terreni profondi e ricchi, anticipando la maturazione e quindi la raccolta. Fra i portainnesti meno noti di questo gruppo troviamo il 110 Richter, che trasmette moderata vigoria al nesto e assicura produzioni di qualità in combinazione con il nesto di diverse varietà di uva da tavola.

Barbatella ottenuta dall’incrocio di V. Berlandieri x V. Rupestris
Nuovi portainnesti
A questi portainnesti, che possiamo definire “storici”, si affiancano barbatelle molto conosciute e utilizzate in diverse parti del mondo come California, Egitto e Medio Oriente, ma non ancora iscritte al Registro Nazionale delle Varietà di Vite in Italia. È il caso del portainnesto Freedom, che si caratterizza per ottima adattabilità e vigoria in terreni stanchi.
Inoltre, tecnici di campo dei Paesi in cui si utilizza questo “piede” hanno condotto per diversi anni delle prove su Freedom. Tra i risultati la capacità di questo portainnesto di crescere bene anche in terreni infestati da Armillaria mellea e nematodi. Durante le prove si è visto che, mentre i tradizionali portainnesti restano esili e stentano a crescere in terreni infestati da A. mellea e nematodi, la barbatella Freedom raggiunge un diametro pari a quello di una barbatella cresciuta in terreni sani.
Ramsey
Ramsey invece è un portainnesto che si adatta bene in terreni sciolti e limosi, che garantisce precocità di maturazione e ottime qualità estetiche e organolettiche al prodotto. Inoltre, confrontando Ramsey con altre barbatelle (110 R, 1103 P, 140 RU e Freedom), è emerso che questa è la più produttiva in assenza di irrigazione. Seconda a Ramsey, sempre per produttività in assenza di irrigazione, è risultata la barbatella 140 RU (McCarthy et al., 1997).
Serie M
Rimanendo in tema di portainnesti, le ultime novità sono i quattro “piedi” della Serie M, sviluppati dall’Università di Milano e messi per la prima volta in commercio nel 2018. Secondo quanto osservato nelle prove condotte in campo dai costitutori, M2 e M4 si adattano meglio in terreni poveri e siccitosi. Il primo per la capacità di esplorare il suolo, il secondo per l’efficienza d’uso dell’acqua in condizioni di stress idrico. M1 e M3, invece, sono consigliati in terreni sciolti e fertili, perché trasmettono buona vigoria e incrementano la qualità delle produzioni. Tuttavia, essendo di così recente introduzione, le esperienze in campo sono limitate, così come le prove d’innesto con diverse varietà di uva da tavola.
Affinità tra nesto e portainnesto
L’affinità d’innesto è un fenomeno complesso. A volte dipende da particolari caratteristiche genetiche, come accade per il 140 RU che è notoriamente dotato di bassa affinità d’innesto, altre volte dipende dalla combinazione. Inoltre alcuni studi hanno evidenziato che in alcuni casi l’incompatibilità d’innesto dipende dalla presenza di GLRaV–2, virus associato al complesso dell’accartocciamento fogliare. Tuttavia è importante considerare che per valutare l’affinità d’innesto sono necessari almeno 7-8 anni.
Portainnesto: chiave di volta per la produzione
Ciò che è certo, però, è che il portainnesto è un mezzo utilissimo per mitigare o esaltare le caratteristiche della varietà che si intende innestare. Per quanto le varietà di uva da tavola di nuova introduzione siano valide e con eccellenti caratteristiche qualitative e organolettiche, è bene considerare che sono state selezionate in Paesi con condizioni pedoclimatiche diverse dalle nostre. A fronte di queste differenze pedoclimatiche, quindi, sono spesso necessari input nutrizionali e fitosanitari.
Disporre di un portainnesto che permette alla pianta di assorbire determinati elementi o di essere coltivata in zone marginali come terreni stanchi e infestati, contribuirebbe significativamente a rendere la viticoltura moderna più sostenibile.
Autrice: Federica Garrapa – agronoma presso vivai Murciano
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