Post-raccolta come gestirlo e prospettive

Protagonista proprio in questi giorni della Table Grape Conference in occasione di LUV Fiera, il prof. Giancarlo Colelli con la prof.ssa Sandra Pati illustra l'importanza del post-raccolta

da uvadatavoladmin

Di qui ai prossimi anni, la competizione a livello mondiale nell’ambito dell’uva da tavola sarà sempre più stringente. Investire sulla gestione del post-raccolta e sull’estensione della shelf-life, però, potrebbe fare la differenza. Specialmente per mantenere alta la qualità e ridurre le perdite causate da funghi e deterioramento, attraverso tecniche avanzate di raffreddamento e imballaggio innovative.  A spiegarlo – nell’ultimo numero di uvadatavola magazine – il professore Giancarlo Colelli, proprio in questi giorni protagonista della Table Grape Conference in occasione di LUV Fiera, e Sandra Pati del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria dell’Università di Foggia.

L’Italia è il primo Paese europeo produttore ed esportatore di uva da tavola, prodotta principalmente in Puglia, Sicilia e in misura minore in Basilicata, Sardegna, Lazio e Abruzzo.

La produzione italiana di uva da tavola è per la maggior parte esportata, motivo per cui la corretta gestione della fase post-raccolta e il prolungamento della sua shelf-life costituiscono un argomento di forte interesse. 

Caratteristiche fisiologiche e qualità del prodotto

L’uva da tavola è apprezzata per le sue caratteristiche sensoriali; contiene zuccheri, acidi organici, sali minerali, vitamine, in particolare vitamine A e C, fibre e composti bioattivi. È un frutto non-climaterico, ossia che non continua a maturare una volta staccato dalla pianta e presenta una bassa attività fisiologica. I grappoli infatti producono etilene pari a 2 mg CO₂kg-1h-1, a 0 ºC, e meno di 0,1 μLkg-1h-1, a 20 ºC. La velocità di respirazione del rachide è circa 15 volte più alta di quella dell’acino. L’uva da tavola, inoltre, non è molto sensibile all’etilene, ma esposizioni a concentrazioni superiori a 10 ppm possono portare al distacco precoce degli acini. Questo rappresenta un parametro importante per la sua qualità: se la forza necessaria per la rimozione della bacca risulta essere troppo bassa, il grappolo perde acini facilmente nel corso del trasporto e della commercializzazione, riducendo sensibilmente la sua qualità e, naturalmente, determinando una perdita netta di prodotto. Il punto di congelamento più alto dell’uva da tavola è di circa -3 °C, dipendendo dal contenuto in solidi solubili. Non sono riportati problemi di conservazione a bassa temperatura, per cui non è classificata come frutto sensibile ai danni da freddo.

La fase post-raccolta

L’uva da tavola deve essere immessa sul mercato quando è completamente matura, con una concentrazione di solidi solubili che, in funzione delle varietà, può variare da 15-16 a 18-20% o con un elevato rapporto di acidi solubili/acidità titolabile. Durante la raccolta si deve prestare molta attenzione a tagliare il grappolo dalla pianta, rimuovere gli acini ammuffiti o quelli con difetti, e riporre delicatamente i grappoli nelle cassette. L’imballaggio può avvenire direttamente in campo e questo comporta il vantaggio di dover maneggiare meno il prodotto, oppure l’uva può essere trasportata e confezionata in azienda, dove generalmente è garantita una migliore selezione del prodotto e una maggiore sicurezza.

Durante la fase post-raccolta, il decadimento della qualità si manifesta con l’imbrunimento del rachide, principalmente dovuto alla disidratazione, ai possibili cambiamenti di colore della buccia, ma soprattutto alla colonizzazione da parte di diversi funghi. Tra le specie di funghi responsabili del decadimento delle uve, sono stati riportati Aspergillus niger, A. flavus, A. terreus, A. ochraceus, Alternaria alternata, Botrytis cinerea, Colletotrichum gloeosporioides, Cladosporium spp., Mucor spp., Penicillium expansum, P. funiculosum, Phomopsis viticola, Lasioplodia theobromae e Rhizopus stolonifer. L’azione dei funghi non solo causa perdite – spesso consistenti – di prodotto, ma può anche causare un depauperamento delle sostanze nutritive e – in alcuni casi – portare alla formazione di micotossine dannose per la salute umana. 

Il decadimento a opera della Botrytis cinerea, con formazione di muffa grigia, rappresenta indubbiamente il principale fattore responsabile di perdite post-raccolta. Le spore dei funghi sono generalmente presenti sulla superficie dei frutti, i quali – se danneggiati – possono fornire un ambiente adatto alla loro germinazione. 

POST-RACCOLTA UVA LUV

La gestione della temperatura e dell’umidità relativa: tasselli fondamentali per il post-raccolta

Una corretta gestione della fase post-raccolta, al fine di limitare l’incidenza di funghi e muffe, è essenziale a garantire la qualità e la commerciabilità del prodotto. In particolare, è fondamentale il raffreddamento rapido in tunnel di aria forzata (6-10 m/s) per raggiungere la temperatura di 1-2 °C all’interno dell’acino, entro 6 ore dalla raccolta, a cui deve seguire la conservazione in cella frigorifera a -1-0 °C con umidità relativa al 90-95%. Un raffreddamento ritardato porta a maggiore disidratazione e imbrunimento del rachide. Meno consigliato è il sistema di raffreddamento ad acqua, sia per le oggettive difficoltà di uno sgrondo efficace dell’acqua in eccesso – e i conseguenti risvolti in termini di crescita fungina – sia perché l’uso dell’acqua porterebbe a disordini strutturali della pruina, lo strato di cera naturale presente sugli acini, con conseguente formazione di macchie e forte peggioramento dell’aspetto esteriore del grappolo, soprattutto nelle varietà non pigmentate.

Durante il trasporto, è essenziale assicurarsi che il prodotto abbia già raggiunto la temperatura ideale e che i container frigoriferi siano stati precedentemente raffreddati. La temperatura ideale per la conservazione e il trasporto è intorno a 0 °C, in particolare per il trasporto di lunghe distanze (15-20 giorni), mentre può variare dai 2 ai 4 °C per distanze più brevi. Adeguate condizioni di igiene devono essere garantite durante il trasporto per evitare possibili contaminazioni da agenti esterni e devono essere prese misure per proteggere il carico, non solo da stress meccanici, ma anche da sensibili variazioni termo-igrometriche.

Come accennato in precedenza, dopo il distacco dalla pianta, il rachide è la componente del grappolo più sensibile alla perdita di acqua per traspirazione e ciò risulta di particolare importanza per la qualità del prodotto.

Tale perdita, infatti, non essendo rimpiazzata dai flussi xilematici dalle radici, rappresenta una perdita netta in peso, che può facilmente raggiungere e superare il 10%, causando un danno economico diretto. Inoltre, porta a una serie di eventi metabolici che accelerano i processi di deterioramento, che nei casi gravi possono anche essere osservati sugli acini. La perdita d’acqua nei tessuti del rachide porta a una più rapida formazione dello strato di abscissione tra peduncolo e acino, che, insieme a una perdita di elasticità del peduncolo disidratato, può comportare un più facile distacco degli acini e un conseguente aumento esponenziale delle perdite di prodotto. A parità di tipologia di prodotto e modalità di confezionamento, la quantità di acqua persa dipende dal deficit della pressione di vapore tra l’interno dei tessuti e l’aria esterna. Per minimizzare le perdite per traspirazione, è essenziale mantenere l’umidità relativa negli ambienti di conservazione sempre al di sopra del 90%. L’umidità dell’aria nelle celle è influenzata in maniera determinante dalla scelta delle caratteristiche termodinamiche e progettuali degli scambiatori in cui evapora il fluido frigorigeno. Tra i criteri di progettazione degli evaporatori riveste particolare importanza la differenza di temperatura (ΔT) tra la superficie di scambio (direttamente correlata alla temperatura del fluido frigorigeno) e la temperatura dell’aria dell’ambiente di conservazione; per elevati valori di ΔT il vapore acqueo contenuto nell’aria condensa sull’unità di raffreddamento (spesso sotto forma di brina), diminuendo progressivamente.

Al contrario, con bassi ΔT si può potenzialmente incrementare l’umidità relativa ambientale.

In genere, per  poter mantenere un’umidità relativa tra il 90 e il 95% bisognerebbe limitare il valore del ΔT intorno ai 4-5 °C, tenendo comunque conto che tale diminuzione del differenziale termico comporta un necessario e corrispondente aumento della superficie dello scambiatore. Bisogna poi considerare che alti valori di umidità relativa potrebbero favorire la formazione di condensa sulla superficie del prodotto in caso di ampie fluttuazioni della temperatura di conservazione. Dal momento che, come già detto, la presenza di acqua liquida sul prodotto aumenta inevitabilmente la presenza fungina, occorre assolutamente evitare forti e frequenti variazioni termiche durante la conservazione, soprattutto legate all’apertura delle porte (spesso in assenza di corridoi tecnici condizionati) e all’introduzione di prodotto non precedentemente prerefrigerato. Per lo stesso motivo si sconsiglia l’uso di umidificatori che immettono nell’ambiente acqua nebulizzata i quali, pur comportando un aumento del livello igrometrico in breve tempo, presentano un inconveniente per cui le micro-gocce prodotte dal sistema tendono col tempo a scendere verso il basso, posandosi sul prodotto che risulta continuamente bagnato.

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