Indice
- È il quinto anno consecutivo di crescita per l’intera filiera.
- Senza dubbio, è la Cina a guidare la filiera dell’uva da tavola a livello globale
- Resiste la produzione di uva da tavola in Perù
- In calo la produzione negli States
- Cile e Sudafrica: due mercati in controtendenza
- Si fa presto a dire diminuzione
A livello mondiale la produzione di uva da tavola sembra rimanere sostanzialmente in buona salute, visto l’andamento previsto in crescita. Il report del “Foreign Agricultural Service”, datato giugno 2024, ha reso note le prime stime. Per la anno di commercializzazione 2023/2024, infatti, si parla di un aumento pari a 150mila tonnellate, per una produzione mondiale che raggiungerà i 28,1 milioni di tonnellate.
È il quinto anno consecutivo di crescita per l’intera filiera.
Non è tutto oro ciò che luccica però, in quanto la crescita nella produzione mondiale è dovuta principalmente ai mercati di India e Cina, che stanno compensando le perdite dovute agli effetti negativi dei cambiamenti climatici in Unione Europea, Turchia e Stati Uniti. A livello di esportazioni, invece, si prevede una diminuzione di 200mila tonnellate a causa dei cali produttivi in Perù, Stati Uniti e Turchia. Il volume totale esportato sarà pari a 3,5 milioni.

La sfida tra i primi tre Paesi esportatori di uva da tavola a livello mondiale (Fonte USDA)
Senza dubbio, è la Cina a guidare la filiera dell’uva da tavola a livello globale
Un aumento importante per la Cina, la cui produzione dovrebbe salire di 750mila tonnellate, raggiungendo i 13,5 milioni di tonnellate totali. Una crescita che ormai sembra inarrestabile, visto che continua almeno da cinque anni. La Cina, inoltre, si conferma anche al secondo posto tra i Paesi esportatori, con un aumento previsto del 25% con dei volumi esportati totali pari a 490mila tonnellate. Sono previste, invece, in calo di 40mila tonnellate le importazioni a causa dell’elevata produzione interna.
Resiste la produzione di uva da tavola in Perù
Per il Perù l’annata 2023/2024, conclusasi ad aprile, è stata tra le più difficili. In ogni caso, però, seppur con valori in discesa rispetto allo scorso anno, il Paese sudamericano rimane saldo al primo posto tra gli esportatori mondiali. I volumi totali per quanto riguarda l’export sono pari a 525mila tonnellate. Tra le varietà più esportate ci sono la Sweet Globe, seguita da Red Globe, Oton Crisp, Allison e Timpson.

Tra le varietà più coltivate in Perù c’è la Sweet Globe
La produzione peruviana, in generale, ha sofferto per le condizioni climatiche non proprio favorevoli. In primis la devastazione del ciclone Yaku e successivamente gli effetti del fenomeno climatico “El Niño”. Quest’ultimo ha portato, infatti, ad un innalzamento delle temperature nel periodo invernale e ad un calo nella qualità. Anche se questi ultimi non hanno compromesso del tutto la produzione, che è prevista in leggero aumento, fino a toccare le 776mila tonnellate.
Sotto le aspettative il mercato europeo
Per la filiera dell’uva da tavola all’interno dell’Unione Europea, trainata principalmente da Puglia e Sicilia, nel report è stimato un calo di quasi 250mila tonnellate. Tra le cause principali ci sarebbero le condizioni meteorologiche sfavorevoli. Un calo nella produzione totale che ha compromesso anche le esportazioni, in calo di 46mila tonnellate e ferme a 125mila tonnellate. Discorso a parte per le importazioni, che segnano un aumento di 27mila tonnellate, grazie alle forti spedizioni dal Sudafrica.

La varietà Maula, tra le più promettenti coltivate in Puglia
A livello europeo l’uva da tavola rimane ancora tra i frutti più richiesti. L’aumento delle importazioni, infatti, trascina con sé un calo della produzione interna. Una diminuzione legata a vari fattori, come i costi di produzione sempre più alti oltre a una scarsa redditività. Non si possono non citare anche la mancanza di manodopera e le conseguenze dei cambiamenti climatici, che stanno modificando l’assetto delle produzioni europee. All’interno dell’UE, tra i Paesi che importano maggiormente uva da tavola ci sono il Regno Unito e i Paesi Bassi. Il primo lo fa per il consumo interno, mentre il secondo con l’obiettivo di rivenderla nuovamente all’interno della stessa Unione, principalmente in Germania.
In calo la produzione negli States
Stando alle stime del report, per gli Stati Uniti questa annata potrebbe essere tra le più basse in termini produttivi degli ultimi trent’anni. Si stima, infatti, un calo del 19% con una quantità che si assesterà intorno alle 655mila tonnellate in totale. A pagarne le spese perlopiù la produzione della California, Stato a stelle e strisce la cui filiera rappresenta da solo quasi l’intera produzione nazionale. La causa è da ricercarsi, anche in questo caso, negli effetti estremi dei cambiamenti climatici. L’uragano Hilary, infatti, si è abbattuto proprio durante l’alta stagione della raccolta, portando con sé vento e pioggia. Fenomeni che sono risultati deleteri non solo sulla quantità, ma anche sulla qualità dei grappoli.

Alcune varietà di uva da tavola prodotte in California
Sul versante export, negli USA è stimata una diminuzione di 65mila tonnellate. Per quanto riguarda le importazioni, invece, è previsto un aumento, con maggiori spedizioni in arrivo dal Cile e dal Messico. Produzioni estere che hanno così bilanciato la minore produzione interna. Tra le varietà più prodotte in California ci sono: l’Autumn King, la Scarlett Royal, la Sereegene-201, la Flame Seedless e infine la Sereegene-212.
Cile e Sudafrica: due mercati in controtendenza
Diminuzioni ridotte ma significative anche per la produzione di uva da tavola del Cile, per cui è previsto un calo di 20mila tonnellate. I volumi totali si stabilizzeranno intorno alle 635mila tonnellate. Oltre agli effetti climatici, tra le cause ci sarebbe proprio la riduzione della superficie coltivata. Una situazione che, ormai da dieci anni, sta portando a un declino nella produzione. La quantità di uva cilena esportata sarà pari a 480mila tonnellate, in diminuzione di 16mila tonnellate, nonostante anche all’aumento del commercio con gli USA.
Concludiamo questa carrellata tra i principali produttori di uva da tavola a livello mondiale con la produzione di uva da tavola del Sudafrica. La produzione del Paese africano è stimata in forte ascesa e dovrebbe aumentare di 52mila tonnellate toccando le 370mila tonnellate. Un risultato dovuto in gran parte alle condizioni climatiche invernali favorevoli, che hanno permesso di riportare la produzione ai record dell’annata 2021/2022. Anche per le esportazioni vale lo stesso discorso; si è registrato, infatti, un aumento del 20%.
Si fa presto a dire diminuzione
Essenzialmente, se non fosse per la Cina e per l’India – filiere dell’uva da tavola molto più estese dal punto di vista territoriale – si parlerebbe di un calo importante per la produzione di uva da tavola a livello mondiale. Una diminuzione sì da imputare alle condizioni climatiche non sempre favorevoli, ma forse anche ad una serie di fattori da risolvere come la mancanza di manodopera, la redditività bassa e il mancato rinnovo varietale.
Silvio Detoma
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