Il Paese iberico è riuscito in pochi anni a conquistare nuovi mercati. Merito, secondo Domenico Lopolito (2M Import Export), di una classe politica che è riuscita a comprendere la ricchezza generata dall’ortofrutta.
Si parla molto delle possibilità offerte dal mercato cinese all’ortofrutta italiana in generale e all’uva da tavola in particolare. Anche programmi TV e telegiornali generalisti hanno dedicato approfondimenti ai pro e ai contro della cosiddetta “Nuova via della Seta”, l’imponente rete di strutture ed infrastrutture che la Cina è intenzionata a realizzare per consentire alle merci di viaggiare più velocemente sia via mare che via terra tra Europa, Africa ed Asia. La discussione ha fatto conoscere al grande pubblico i pareri di chi è a favore degli accordi commerciali con la Cina e di chi, invece, non lo è. Il Presidente della Repubblica popolare cinese, Xi jinping, è persino volato in Italia per firmare un memorandum di intenti proprio sulla Via della Seta. Negli stessi giorni però la Coldiretti ha diramato un comunicato stampa secondo il quale la Cina avrebbe precluso l’accesso nel suo territorio a mele, pere e uva da tavola italiane facendo appello a presunte misure di natura fitosanitaria.
Il mercato cinese sarebbe quindi di fatto per ora precluso alla frutta italiana che non sia kiwi o arance. Temi apparentemente distanti come gli equilibri geopolitici internazionali hanno però ricadute sul tessuto produttivo e commerciale locale: per comprendere appieno le reali potenzialità del mercato cinese e le effettive capacità dei nostri mezzi, abbiamo intervistato Domenico Lopolito, agente di commercio per “2M Import Export”, società con sede a Bisceglie (BAT) attiva da 20 anni nel commercio internazionale di ortofrutta. 2M Import Export tratta prezzemolo, insalate, broccolo, cavolo, drupacee come pesche, nettarine, susine e albicocche, ma il fattore trainante dell’azienda pugliese è costituito dalla commercializzazione di uva da tavola.
Per Domenico Lopolito le uve italiane ed europee possiedono tutte le caratteristiche e le potenzialità per essere apprezzate e richieste dai consumatori asiatici.
Raggiungiamo telefonicamente Lopolito per chiedergli se a suo parere il mercato cinese rappresenta un interessante piazza per l’uva da tavola nostrana.
Secondo la mia esperienza le uve italiane ed europee, nonostante abbiano un calendario di raccolta coincidente con quello dell’uva cinese, possiedono tutte le caratteristiche e le potenzialità per essere apprezzate e richieste dai consumatori asiatici. 2M è impegnata da anni nel settore dell’export di uva da tavola italiana in altri Stati produttori dell’emisfero Nord, come gli Stati Uniti, che apprezzano molto il nostro prodotto. Ovviamente abbiamo bisogno di cominciare a lavorare con il mercato asiatico per poi ipotizzare degli sviluppi il più possibile veritieri. Dovremmo seguire le mosse della Spagna, che ha vidimato un protocollo. Sono molto fiducioso.
Il prodotto europeo sarà sicuramente destinato ad una fascia medio-alta di consumatori, quindi le uve che viaggeranno verso i Paesi asiatici dovranno essere perfettamente sane e impeccabili dal punto di vista della qualità.
Di certo oltre alla qualità bisognerà considerare i costi di trasporto che incideranno per il 30-40 per cento sul prezzo finale del prodotto. Per avere un’idea dei costi di trasporto possiamo fare riferimento all’esperienza che abbiamo già maturato con l’export di kiwi nei Paesi asiatici. Un container che viaggia via mare per quelle destinazioni richiede una spesa che può andare dai 4500 ai 5500 euro. Le nostre uve non costeranno mai meno di 2 euro all’arrivo, pertanto il costo alla vendita sarà sicuramente più alto di 2 euro.
Al momento i principali importatori di uva da tavola italiana restano i Paesi del Nord Europa, Germania, Francia, Polonia e altri Paesi europei. Sarebbe però interessante comprendere se, oltre alla Repubblica Popolare Cinese, ci sono altri mercati capaci di assorbire l’offerta della nostra uva da tavola.
La nostra compagnia esporta importanti quantitativi di uva italiana negli Stati Uniti, in Canada e in Ciad. L’Africa importa il nostro prodotto da diversi anni. Destano molto interesse anche i mercati dell’Arabia Saudita e, soprattutto, degli Emirati Arabi. Non bisogna trascurare che negli ultimi anni gli scambi commerciali con i Paesi africani della costa Ovest sono sempre più interessanti; ad esempio il Senegal e la Costa d’Avorio. Noi per primi ci siamo occupati di esportare merce in Angola e in Congo, mete per le quali abbiamo ricevuto richieste specifiche proprio negli ultimi anni.
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Autore: Teresa Manuzzi
Nella foto: Domenico Lopolito in campo con Teresa Diomede – CEO Racemus e clienti esteri
©uvadatavola.com