Se parliamo di export di uva da tavola l’Italia è quinta tra i paesi esportatori, con spedizioni per circa 700 milioni di euro, preceduta dagli USA e tallonata dal Perù.
L’Italia è il principale produttore europeo, ma attualmente l’offerta italiana è incentrata su “varietà storiche” come Vittoria, Palieri, Italia e Red Globe e presenta una scarsa disponibilità di nuove varietà e di uve seedless.
Per questo motivo le esportazioni italiane sono sempre più minacciate dai paesi produttori emergenti che sono in grado di guadagnare quote sui principali mercati di sbocco grazie a uve di elevata qualità, ben presentate e offerte ad un prezzo competitivo.
L’andamento delle esportazioni italiane di uve da tavola tra il 2014 ed il 2018 evidenzia una sostanziale stabilità in termini di volumi (LEGGI ANCHE Ismea, focus uva da tavola: prezzi e volumi. Bene le apairene) intorno alle 450mila tonnellate. L’aumento dei prezzi medi ha determinato la crescita degli introiti da 560 a 665 milioni di euro, a valori correnti.
La filiera italiana delle uve da tavola è fortemente orientata alle esportazioni e in conseguenza di ciò l’equilibrio economico del settore dipende fortemente dalla domanda estera. Il tasso di autoapprovvigionamento è molto elevato, si pensi che la produzione italiana di uve da tavola supera di circa tre volte i consumi interni.
Allo stesso tempo è molto alta anche la propensione all’export, infatti le esportazioni rappresentano il 45% circa della produzione. La filiera delle uve da tavola in Italia si basa su una disponibilità di prodotto che è di poco superiore ad un milione di tonnellate. Il 98% della disponibilità è garantita dalla produzione interna e il restante 2% dal prodotto di importazione. Se si pone pari a 100 la disponibilità di prodotto (produzione + importazioni), le esportazioni costituiscono la quota maggiore mentre il consumo interno è pari al 38%.
Italia: tutti i dati sui consumi interni di uva da tavola
Per quanto concerne i consumi interni, si stima che circa i tre quarti siano destinati alla vendita al dettaglio e il restante quarto sia destinato alla ristorazione collettiva. Negli ultimi anni le statistiche relative alle superfici investite ad uve da tavola in Italia si sono assestate intorno ai 46mila ettari. Queste superfici sono concentrate in Puglia e Sicilia. In particolare, nelle province di Bari e Taranto sono state registrate lievi flessioni degli investimenti mentre in altre aree ci sono verificati degli incrementi.
Nel complesso, tra il 2014 ed il 2018 il saldo delle aree in produzione è positivo, + 2.500 ettari.
Succo d’uva
La quota di prodotto destinata alla trasformazione in succo può esser stimata nel 15%. La quota residua è costituita dalle perdite lungo la filiera e dal prodotto ritirato dal mercato allo scopo di stabilizzare l’offerta. I quantitativi avviati all’industria dei succhi e quelli relativi alle perdite variano di anno in anno a seconda della qualità della produzione, dell’andamento dei consumi interni e del flusso delle esportazioni.
Consumi domestici
L’analisi dei dati relativi agli acquisti di uve da tavola per il consumo domestico evidenzia come questi siano fortemente stagionalizzati e concentrati nel periodo compreso tra luglio e dicembre. Gli ultimi dati disponibili relativi al periodo luglio 2018 – giugno 2019 indicano una flessione dei volumi acquistati di circa il 7% avvenuta in concomitanza con una riduzione del 2% del prezzo medio che ha determinato una contrazione della spesa del 9% circa. Se si prendono in esame gli ultimi cinque anni mobili, è possibile osservare come i dati relativi al 2018/19 sono nettamente inferiori a quelli degli anni precedenti e superiori soltanto a quelli del periodo 2014/15, +0,4% in termini di quantità acquistate.
SCARICA IL RAPPORTO COMPLETO CLICCANDO QUI