La selezione delle specie vegetali e il loro miglioramento genetico sono attività che hanno plasmato la storia dell’agricoltura e – in anni più recenti – dei suoi comparti. Non fa eccezione quello dell’uva da tavola, da tempo interessato alla selezione di genotipi di uve apirene, oggi al centro degli studi condotti da diversi gruppi di breeding locali, tra cui emergono alcune realtà pugliesi, tra cui Nu.Va.UT, Italian Variety Club e Grape & Grape Group, e altre siciliane come SicilGrape e Agriunitech srl.
La selezione di piante più forti e resistenti e che producano raccolti più abbondanti è una pratica iniziata inconsapevolmente migliaia di anni fa. Per parlare di miglioramento genetico delle piante in chiave moderna però bisogna spostarsi nel XIX secolo, quando Gregor Mendel, conosciuto come il padre della genetica, ha condotto i primi esperimenti di incrocio tra piante. Da allora le tecniche di miglioramento genetico sono andate avanti ininterrottamente adottando tecnologie e strumenti sempre più sofisticati ed efficienti.
Quando si parla di miglioramento genetico, si fa riferimento a un processo che sfrutta la variabilità genetica presente in natura all’interno di una specie per indirizzarne l’evoluzione nella direzione richiesta dalle esigenze dell’uomo.
Grazie al lungo e complesso processo di miglioramento genetico che ha caratterizzato la storia dell’agricoltura, è stato così possibile costituire delle varietà vegetali o cultivar che hanno permesso e permettono tuttora di risolvere problematiche di gestione in campo e di ottenere una produzione sempre più rispondente alle esigenze mutevoli del mercato. Il miglioramento delle piante ha così agevolato l’ottenimento di varietà specializzate nella produzione di frutti specifici per le diverse categorie di mercato: è il caso, per esempio, dell’uva da tavola. La nascita stessa delle varietà di questa coltura è il risultato di anni di coltivazione e selezione da parte dell’uomo che, nel tempo e grazie al lavoro di alcuni breeder a livello internazionale, ha portato il patrimonio genetico viticolo a disporre di numerosi genotipi.
Le principali caratteristiche che sono state selezionate e portate avanti nei vari programmi di miglioramento genetico internazionali, permettendo al comparto di evolvere, sono principalmente di natura quanti-qualitativa. Si tratta di caratteristiche sempre più specifiche e distintive come buona produttività, idonea attrattività estetica, ottimo sapore, in grado di soddisfare le richieste dei consumatori e le esigenze di un mercato ormai molto esigente. Disporre di varietà che permettano di ampliare sempre più i calendari di produzione e dotate di caratteri come resistenza alle operazioni di manipolazione, trasporto e conservazione, sono tra gli obiettivi più ricercati nei programmi di miglioramento genetico nell’ottica di ottenere frutti che possano garantire una lunga shelf-life nel periodo del post raccolta.
Tra le tendenze moderne dei consumatori la preferenza nel consumo di uva senza semi è sempre più marcata.
Pertanto, l’ottenimento di varietà apirene è uno dei requisiti sempre più richiesti dal comparto viticolo. Sebbene originariamente l’apirenia fosse un carattere tipico di un numero molto ristretto di varietà, destinate prevalentemente all’essiccazione, da qualche decennio è infatti diventata un fattore di primo piano. Numerosi gruppi di breeding internazionali – SunWorld, Bloom Fresh International (frutto dell’unione dei gruppi SNFL e IFG), ARRA e Grape Evolution, solo per fare qualche esempio – sono specializzati nella continua individuazione di varietà senza semi capaci di intercettare sempre più il favore dei consumatori.
Uve apirene in Italia: come procede la ricerca
L’Italia è il primo produttore di uva da tavola a livello europeo, con poco meno di un milione di tonnellate raccolte nel 2022. A livello nazionale, la Puglia è la prima regione produttrice e insieme alla Sicilia riveste circa il 94% della produzione totale italiana (dati ISMEA). Negli ultimi anni il mancato reimpianto di una quota di superfici destinate alla coltivazione di uva da tavola ha determinato un calo degli ettari totali dedicati a questa coltura nella nostra nazione. In altri casi i vigneti sono stati sostituiti da nuove varietà, quasi sempre apirene. La conversione delle produzioni viticole italiane a favore delle cultivar apirene è un processo che va avanti da qualche decennio, ma la sua velocità di avanzamento ha subito una accelerazione solo negli ultimi anni: ad oggi, questo processo ha portato la produzione di uva da tavola – benché non si disponga di dati certi – ad essere in media più o meno equamente suddivisa in uve apirene e tradizionali.
La mancanza in passato di nuove varietà apirene di costituzione locale, ha orientato i produttori e gli esportatori del comparto verso le principali cultivar senza semi frutto del lavoro dei breeder internazionali, i quali però per lungo tempo hanno limitato la concessione di nuovi diritti all’impianto. A complicare le cose, la strutturale frammentazione dei nostri territori agricoli, caratterizzati spesso da una esigua dimensione delle aziende agricole, un tratto che ha reso più complicato l’accesso per tanti piccoli produttori, ma anche operatori commerciali, alla produzione e commercializzazione di varietà senza semi. Per queste ragioni, in passato – e in parte ancora oggi – l’offerta italiana di uva da tavola si è concentrata sulla coltivazione di varietà tradizionali, come Vittoria, Italia e Red Globe.
Si tratta di cultivar la cui commercializzazione permette di generare meno valore, a parità di volumi, rispetto alle più remunerative uve apirene. Questa è una peculiarità che differenzia l’Italia dal nostro principale competitor in Europa – la Spagna – da sempre più orientato alla produzione di uve apirene.
Sulla scorta di queste considerazioni, si comprende l’indirizzo intrapreso diversi anni fa dal comparto italiano dell’uva da tavola verso un maggiore adeguamento della propria offerta varietale che si discostasse da preconcetti legati a una coltivazione più strettamente “tradizionale” e con semi, e ampliasse lo sguardo verso le novità più appetibili per il mercato. In questo contesto, un ruolo di primo piano è giocato dai gruppi di breeding italiani all’opera per costituire varietà apirene innovative, in grado di unire alle caratteristiche oggi più richieste dal mercato, un richiamo al territorio italiano, da sempre sinonimo di qualità ed eccellenza. Per approfondire indirizzi di ricerca e caratteristiche principali sfoglia il primo numero di uvadatavola magazine.
Donato Liberto
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