Sarà mai possibile la coltivazione dell’uva da tavola in serra, sotto fotovoltaico? La domanda se l’è posta il dottorando Giuseppe Artale del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo cha riportato gli studi all’interno della sua tesi di dottorato.
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Di seguito pubblichiamo le conclusioni del suo studio
La coltivazione dell’uva da tavola in ambiente protetto e sotto fotovoltaico può rappresentare una attività complementare a quella della produzione di energia elettrica, ma con scelte oculate in fase di programmazione dell’impianto e nella conseguente gestione colturale.
I due ambienti di coltivazioni esaminati, pur mostrando lievi differenze in termini di irraggiamento globale, risultano essere idonei alla coltivazione della vite. La coltivazione tradizionale dell’uva da tavola in Sicilia è infatti praticata sia in pieno campo che in condizioni protette. Essa dispone di notevoli quantità di energia radiante e dunque calore. In tali condizioni, elementi essenziali della coltivazione sono rappresentati da tecnologie in grado di mitigare gli eccessi termici e radiativi che si manifestano in gran parte della stagione vegetativa delle piante.
Una parte del campo a Porto Empedocle (AG)
L’effetto della copertura con pannelli fotovoltaici, può certamente essere un aspetto positivo per il semplice effetto di riduzione della quantità di luce e dunque di energia radiante per la coltura. Alla necessità di massimizzare la captazione dei pannelli va affiancata però la necessità di soddisfare al minimo i sistemi fotosintetici delle piante e renderli dunque sufficientemente alimentati dal punto di vista energetico.
È nota la capacità della vite di adattarsi a ridotte condizioni di luce, gli studi di ecofisiologia hanno evidenziato che foglie sviluppatesi in ambienti sciafili aumentano l’efficienza dei fotosistemi nella produzione e traslocazione delle sostanze zuccherine, abbassando i limiti di saturazione in PAR dei sistemi stessi. Si passa da circa 1000 µmol m-2s-1 in foglie sviluppatesi alla luce a circa 500 µmol m-2 s-1 in foglie sviluppatesi all’ombra.
CV Vittoria piante al secondo anno in agro di Favara (AG)
Tale osservazione porta a considerare, in una corretta valutazione di mancati guadagni/produttività, la possibilità cioè di ridurre la copertura in pannelli per garantire sufficienti apporti energetici alle piante sfruttando anche la capacità dei sistemi fotosintetici di lavorare non in condizioni di luce continua ma con “sunflex”.
Alle condizioni sciafile (a favore dell’ombra), sono inoltre da aggiungere le elevate dotazioni termiche indotte dalla copertura. Il numero di ore con temperature oltre la soglia di 30°C è aumentato notevolmente. Ciò può senz’altro essere visto come aspetto positivo soprattutto nei mesi primaverili, ma diventa ulteriore fattore di stress ambientale nei mesi di giugno e luglio caratterizzati da un elevato numero di ore con soglie termiche superiori a 30°C. Alle condizioni ambientali limitanti è possibile sopperire con idonea scelta della cultivar da porre in produzione.
CV Regal piante al secondo anno in agro di Favara (AG)
In base alle osservazioni eco-fisiologiche, vegetative e produttive fatte, ed in base alle caratteristiche organolettiche dell’uva ottenuta, certamente la cultivar Vittoria ha mostrato maggiore plasticità di adattamento. Tale capacità risiede probabilmente anche nella precocità della cultivar e dalla presenza dei semi, oltre che dalla capacità di indirizzare i metaboliti nella costituzione dell’acino piuttosto che nell’accumulo zuccherino. Alla normale risposta fenotipica delle piante in tali condizioni ambientali e vista la ridotta funzionalità dei “suorce” soprattutto in posizione mediana, un intervento colturale di eliminazione totale dei grappoli mediani potrebbe consentire maggiori condizioni di equilibrio e traslocazione in “sink” grappoli delle porzioni apicali e basali aumentandone l’attitudine alla commerciabilità.
CV Vittoria piante al terzo anno, agro di Favara (AG)
Resta comunque da valutare l’attitudine di altre cultivar a produrre uve commerciabili in tali ambienti di coltivazione, tenendo presente, la possibilità di intervenire sulle coperture fotovoltaiche rendendole meno fitte e di ricorrere a specifici interventi di tecnica colturale. Resta comunque valido l’utilizzo agronomico delle superfici sotto fotovoltaico che altrimenti andrebbero ad incrementare la quota di superfici desertificate. Tale principio risulta ancor più valido se la coltura viene vista come contributore al blocco della CO2 atmosferica e al mantenimento del suolo.
Autore: Giuseppe Artale
©uvadatavola.com