Viticoltura rigenerativa: un nuovo approccio 

Proteggere il suolo preservando la qualità dell’uva da tavola: così la viticoltura rigenerativa rimodula l’approccio alla gestione

da uvadatavoladmin
viticoltura rigenerativa

Sempre più frequentemente nel dibattito pubblico ricorre il concetto di agricoltura rigenerativa, un approccio che punta a promuovere la biodiversità, aumentare la capacità del suolo di sequestrare carbonio e ridurre l’uso di input chimici. In quest’ambito si inserisce oggi anche la viticoltura rigenerativa che – condividendo i principi fondamentali di ripristino e miglioramento della salute del suolo e degli ecosistemi agricoli su cui poggia l’agricoltura rigenerativa – può costituire un approccio agricolo in grado di migliorare la salute del suolo, la biodiversità e la resilienza ambientale nei vigneti. 

Ma di cosa parliamo quando facciamo riferimento al concetto di viticoltura rigenerativa?

La viticoltura rigenerativa si basa su pratiche agricole che mirano a preservare e migliorare le caratteristiche di un suolo in salute, con l’obiettivo di garantire la sostenibilità a lungo termine del vigneto. Il primo passo fondamentale è adottare una difesa sostenibile attraverso la viticoltura rigenerativa a basso impatto. Questa strategia riduce l’uso di prodotti chimici dannosi e tutela le proprietà chimiche e biologiche del terreno, evitando l’inquinamento e favorendo la biodiversità.

Al centro della viticoltura rigenerativa c’è il principio della minima lavorazione del suolo. Non si tratta di abbandonare il vigneto al suo destino, ma di intervenire il meno possibile, con decisioni calibrate in base al tipo di suolo, al clima e alla fase del ciclo della vite. Ridurre al minimo i passaggi dei mezzi agricoli per esempio evita il compattamento del terreno, una condizione che peggiora la porosità e riduce gli scambi idrici e gassosi, danneggiando anche la biodiversità. Questo approccio protegge le radici più superficiali della vite, fondamentali per l’assorbimento di nutrienti e acqua da parte della pianta, e preserva i microstrati vitali del suolo, evitando di mescolarli con quelli più aridi. Il risultato è una gestione del terreno che favorisce la biodiversità e migliora la fertilità.

Altro pilastro di questo nuovo approccio agricolo è l’inerbimento naturale, strettamente collegato alla lavorazione minima.

A differenza del suolo nudo, la copertura vegetale attraverso la pratica dell’inerbimento offre infatti numerosi vantaggi: mantiene il suolo poroso e soffice, riduce l’erosione, abbassa la temperatura del terreno e limita l’evaporazione. Durante i periodi siccitosi, l’erba dissecca spontaneamente senza competere con la vite, mentre in caso di piogge abbondanti assorbe l’acqua in eccesso e rende il terreno più praticabile. L’inerbimento, inoltre, è un alleato della biodiversità, poiché favorisce la microfauna del suolo. Organismi utili come lombrichi, insetti e batteri accelerano la decomposizione della sostanza organica, migliorando la disponibilità di nutrienti per le viti. Il prato naturale, a differenza di quello seminato, segue i ritmi stagionali senza costi aggiuntivi, promuovendo un ambiente ricco di specie vegetali e attrattivo per la microfauna. Anche l’idea tradizionale di seminare leguminose per arricchire il terreno di azoto è ormai superata: studi recenti dimostrano che un prato spontaneo offre benefici comparabili, con ulteriori vantaggi in termini di biodiversità.

viticoltura rigenerativa

Concimazione e sostanza organica: un equilibrio da preservare

Un ruolo cruciale nella viticoltura rigenerativa, infine, è giocato dalla concimazione. La soluzione ideale è l’utilizzo di sostanza organica di origine vegetale, come residui di potatura, foglie, raspi e il sovescio del prato. Distribuire questa materia direttamente sul suolo, invece di formare cumuli di compost, permette di nutrire uniformemente il bioma del suolo, migliorandone struttura e fertilità. 

Come si nota, dunque, il primo passo per tradurre in azioni concrete i principi generali di questa nuova pratica è unire tecniche tradizionali e innovazione scientifica per garantire un futuro florido all’uva da tavola nel pieno rispetto dell’ambiente. Non si tratta solo di una tendenza, ma di una vera e propria necessità: in un contesto in cui il cambiamento climatico e l’erosione minacciano sempre di più la qualità dei terreni agricoli, l’agricoltura rigenerativa pone al centro della questione proprio la salute del suolo, considerato una risorsa fondamentale non solo per la produzione vitivinicola, ma per l’intero equilibrio ecosistemico. L’obiettivo principale è mantenere o incrementare il contenuto di sostanza organica nel terreno, migliorandone la fertilità e garantendo al contempo una riduzione dell’impatto ambientale. 

I numeri, d’altronde, parlano chiaro. Secondo i dati 2023 della Re-Soil Foundation – realtà promossa dall’Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino – un quarto dei terreni europei si trova al di sotto della soglia minima di nutrienti essenziali per le piante. E non va meglio per il nostro Paese, dove il 28% dei terreni coltivabili è andato perso, mentre il 68% ha subito una riduzione superiore al 60% della sua componente organica naturale.

 

Federica Del Vecchio
©uvadatavola.com

 

 
 
 

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